A nuoto contro le Grandi Navi. La protesta degli attivisti-bagnanti
Venezia La protesta rallenta il passaggio dei bisonti da crociera in laguna
Venezia La protesta rallenta il passaggio dei bisonti da crociera in laguna
È col corpo che hanno fermato l’acciaio. Intorno alle 16, una sessantina di manifestanti si sono lanciati in acqua sotto il sole morbido di settembre. C’è luce ma poco calore nel canale della Giudecca, mentre loro si lasciano trainare su e giù da una cinquantina di barche che sembrano gusci di noce di fronte ai giganti del mare bloccati sull’orizzonte, e costretti perciò a ritardare la partenza di quasi due ore. Intanto sulla riva del canale della Giudecca, sulle Zattere, si raccolgono in oltre cinquecento cittadini e veneziani, perfino qualche turista, che battono pentolame, stendono manifesti e applaudono quei sessanta, bagnati e in mutande, per ribadire coi fatti, «e anzitutto col corpo», dicono a forza, il «No alle Grandi Navi». La protesta scende in acqua per circa due ore, sconvolge i piani delle autorizzazioni, che fin là non arrivavano, e finisce sull’asciutto della riva, quando alle 17,35, con un ritardo di un’ora abbondante, ad attraversare il canale sono i 181 metri della Azmara Journey. Dopo qualche minuto salpa la gemella Azamara Quest, altri 181 metri d’acciaio, finché alle 18,35, è la volta delle 140 mila tonnellate della MSC Divina. Lei è la nave più attesa: la Divina è il gigante che ha sollevato la rabbia e i fischi e che ha raccolto nella stessa direzione il dissenso dell’intera città. Dal primo mattino, l’intero centro storico ha esposto il cerchio rosso con una nave barrata al centro. A simbolo di una partecipazione collettiva, che si è vista guardando le vetrine dei negozi, dei ristoranti e dei bar.
Nel frattempo, dall’altezza enorme della Divina, i 4 mila passeggeri a bordo hanno osservato la contestazione, ascoltato la rabbia di Venezia, tanto da fotografare un po’ campanili e palazzi e un altro po’ i manifestanti in un mix finale che si è risolto in una cartolina singolare. «Ma il nostro scopo è stato raggiunto: abbiamo bloccato il transito, la loro indifferenza nei riguardai di Venezia», dicono dal comitato No Grandi Navi. Lo ribadisce Silvio Testa, che nonostante l’età matura, è sceso in acqua con i più giovani, sfidando la temperatura. «Abbiamo ritardato i piani delle compagnie crocieristiche», dicono dalle Zattere, «abbiamo fatto sentire la nostra voce ai croceristi e al mondo che ci osserva». Parole forti sono volate anche contro l’Autorità portuale, Paolo Costa e l’amministrazione cittadina. Mentre Luca Zaia, il presidente del Veneto, da Palazzo Balbi diramava un nota di solidarietà ai contestatori. «È uno schifo», ha tagliato corto il governatore leghista. «Non siete i benvenuti, Venezia è troppo piccola», rilanciavano dal cuore della protesta. «Fuori le grandi navi dalla laguna». Indica i grossi radar montati dalle navi, Enrico Penso, che ha ottanta anni ed è testimone di quando nello stesso punto quarant’anni fa passavano le petroliere. «Producono inquinamento elettromagnetico», spiega, lui che abita lì da sempre.
Una manifestazione cittadina che ha raccolto anziani e bambini nei gazebo, intorno agli stand improvvisati, mentre dagli amplificatori le voci del dissenso si mescolavano alle note di Sapore di sale. La contestazione più vivace è arrivata dai centri sociali del Nordest, dal Morion al Rivolta, che nella prima mattina, intorno alle 10, hanno fatto un blitz nella saletta della Venezia Terminal Passeggeri dell’aeroporto di Tessera. Un centinaio di attivisti hanno imbrattato i quattrocento metri quadrati dove i croceristi si fermano prima di arrivare nel centro storico della città e imbarcarsi in nave. Lì hanno ribaltato anche qualche sedia e scritto a spray il loro No. «La verità la sapremo tra qualche settimana», dice Luciano Mazzolin dell’associazione Ambiente Venezia. «Quando avremo i risultati delle analisi che oggi hanno promosso l’assessorato all’Ambiente e l’Agenzia regionale per la prevenzione (Arpav) potenziando i sistemi di monitoraggio». I monitoraggi si estendono per l’intero fine settimana, da venerdì a domenica: una tre giorni che segna un record, «ma non di certo un precedente», sperano.
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