Si è aperta ieri a New York Hope, la conferenza hacker che si svolge ogni due anni proprio nel cuore di Manhattan, al Pennsylvania hotel, all’ombra dell’Empire state building e di fronte il Madison square garden. Ogni due anni qualche migliaio di hacker provenienti da diverse parti del mondo si radunano per fare il punto della situazione riguardo diritti civili digitali, politiche correlate, tecnologie piú o meno amiche.

Hope è l’acronimo per Hacker On Planet Heart, la sua prima edizione risale al 1994, ed è uno degli eventi hacker più creativi e fitti di appuntamenti tra le iniziative di questo genere; comprende rassegne cinematografiche, corsi dove si insegna a liberarsi dalle manette in caso di arresto, un’ampia varietà di banchetti dove acquistare ad esempio portafogli schermati che impediscono la lettura di rfid presenti nei documenti, o tutta una serie di magliette iconiche, installazioni artistiche, computer vintage, robot auto prodotti, una stazione radio, laboratori di elettronica, presentazioni di libri ed ovviamente dibattiti.

Negli anni ad Hope sono intervenuti Kevin Mitnick, il primo hacker ad essere stato arrestato per aver fatto incursioni (anche se non dolose) nei computer del governo statunitense, negli anni ‘90, ed ora super consulente per la sicurezza; whistleblower come Edward Snowden e Thomas Drake; Richard Stallman, fondatore del progetto Gnu che ha l’intento di creare un sistema operativo simile a Unix, ma composto solo da software libero; la Electronic Frontier Foundation, EFF, l’organizzazione internazionale di legali che si occupa della tutela dei diritti digitali e della libertà di parola; ma anche il cantante ed attivista Jello Biafra ed ovviamente l’ideatore di Hope, Eric Corley, aka Emmanuel Goldstein.

Goldstein è uno dei punti di riferimento della sfera hacker mondiale, conosciuto non solo per Hope ma anche per la rivista 2600 che pubblica dal1984 e conduttore della trasmissione radiofonica Off The Hook che viene trasmessa settimanalmente sulle frequenze della newyorchese WBAI dal 1988.

Questa è la prima edizione di Hope dell’era Trump, ed il titolo di quest anno è “The Circle Of Hope”, Il cerchio della speranza, in un momento dove il termine hacker vuol dire tutto ed il contrario di tutto, specialmente negli Stati Uniti, e gran parte degli incontri vertono su questo e su la  responsabilitá che ha la comunitá hacker nel proteggere i valori di democrazia e libero scambio in cui crede.

Un esempio è il tema che affronterá l’hacker ed avvocato Alexander Urbelis, dal titolo Cybersquatting sulla campagna Trump: una bizzarra storia di notizie false
sulle campagne di disinformazione avvenute durante l’estate delle elezioni presidenziali del 2016. Urbellis discuterà di come lui e il suo studio legale hanno messo insieme le prove di un attacco rivolto verso la campagna di Trump raccogliendo e analizzando i dati relativi ai DNS; il discorso coinvolge un insieme affascinante e bizzarro di personaggi e ambientazioni, inclusi sensitivi, predicatori, avvocati, giocatori d’azzardo, cospirazioni, luoghi mistici e domain name.

Super atteso è l’intervento di Chelsea Manning, l’ex analista dell’intelligence del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti diventata whistleblower; dopo anni di prigione ed isolamento Chelsea è stata graziata da Obama a pochi giorni dalla fine del suo mandato ed ora è una sostenitrice della trasparenza del governo, dei diritti di queer e transgender e candidata democratica alle primarie in Maryland.