Tutti insieme disperatamente. Questa mattina a Narni, per la chiusura della campagna elettorale delle regionali di domenica, si faranno vedere i leader della coalizione di governo: Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti, Roberto Speranza e il premier Giuseppe Conte. Non ci sarà Matteo Renzi.

«ITALIA VIVA NON HA candidati», dicono i fedelissimi del fiorentino, ma la verità è un’altra ed è altrettanto semplice. Il leader vivaista non vuole mettere la faccia nelle inevitabili foto di rito che immortaleranno i presenti, anche perché gli ultimi sondaggi danno il centrodestra nettamente avanti. Meglio sfilarsi e non farsi vedere con i capitani della nave che affonda.

La chiamata alle armi per l’ultima giornata campale prima delle elezioni umbre, comunque, è arrivata a sorpresa da Di Maio, di passaggio ieri in zona per una visita ai cantieri della superstrada Rieti-Terni. Il capo politico pentastellato ha parlato di «un evento di coalizione» per spiegare ai cittadini che «questa finanziaria mantiene le promesse: non aumenta l’Iva, abolisce il superticket della sanità, istituisce un assegno unico per le famiglie che fanno figli e abbasserà da luglio il cuneo fiscale».

Il primo a rispondere presente è stato il ministro Speranza, seguito a ruota da Zingaretti, che ha sottolineato che «c’è una manovra coraggiosa che può iniziare a costruire speranze. È un valore e va raccontato perché l’Italia ha bisogno di ricostruire fiducia nel futuro». Infine, a stretto giro, anche Conte ha confermato che ci sarà. Silenzio dai renziani, malgrado l’invito esplicito a loro diretto da Di Maio.

SI TRATTA DELL’ULTIMO assalto per la conquista di palazzo Donini a Perugia, ma l’arma è a doppio taglio: in caso di sconfitta, sarà complicato evitare conseguenze per il governo. Dall’altra parte della barricata, infatti, Matteo Salvini subodora la vittoria e rilascia dichiarazioni con tono tra il supponente e lo sfacciato. «Di rosso in Umbria resterà solo il vino», dice. E ancora: «Scommetto un caffè che vinciamo. E non di poco». Segue brindisi con un mojito offerto dai conduttori di Un giorno da pecora su Radio1.

Non fa nulla se la sua candidata al governo regionale, Donatella Tesei, non sia esattamente una carismatica procacciatrice di consensi, o se il fatto che sia riuscita a lasciare un buco di bilancio spropositato nel comune di cui era sindaca (Montefalco, 5mila abitanti) non deponga a favore delle sue capacità amministrative.

IL LEGHISTA ROBERTO Calderoli sa bene che la questione non è soltanto umbra e infatti ha commentato l’appuntamento di oggi a Vasto prima con parole sprezzanti («Ero convinto che avremmo vinto, adesso che scendono in campo Conte e Di Maio sono convinto che vinceremo con oltre dieci punti di scarto») e poi attaccando duro: «Se il governo vuole politicizzare questo voto, nessun problema, ma lunedì ci aspettiamo altrettanta coerenza nel valutare le conseguenze politiche delle elezioni umbre, per cui ci aspettiamo le dimissioni in caso di sconfitta della loro coalizione». E questo, grossomodo, sarà il ritornello più in voga a destra nei prossimi mesi, se come appare probabile Tesei trionferà su Bianconi.

Conte, dal canto suo, prova a gettare acqua sul fuoco, ma è difficile pensare che lui stesso si prenda sul serio quando dice che «quello dell’Umbria non è un test nazionale» perché «io non sto facendo campagna elettorale, non sto salendo sui palchi né venendo qui ogni giorno. A Narni vado da premier». La linea per il resto è chiara: «C’è un programma di governo che si compone di tantissimi punti che dovranno essere perseguiti indipendentemente dalla risposta che i cittadini umbri vorranno dare».

MERCOLEDÌ POMERIGGIO ad Assisi si è fatto vedere Silvio Berlusconi. L’anziano capo di Forza Italia ha incontrato i frati francescani, evitando accuratamente di farsi seguire dalle telecamere. Il retroscena della visita è succulento: il capo della sala stampa del convento, padre Enzo Fortunato, avrebbe chiesto all’ex cavaliere di dire a Salvini di «abbassare i toni, perché il linguaggio d’odio crea solo danni». Berlusconi avrebbe ascoltato in silenzio e poi avrebbe promesso di parlare con l’alleato leghista, «perché lui mi rispetta». E poi: «Salvini tendeva ad escludermi dalle decisioni importanti, ma da qualche tempo ci capiamo di più. Stiamo cercando di portarlo verso il centro, questa è la manovra». E così, tra le centinaia di maschere indossate in venticinque anni di carriera politica, Berlusconi ne ha trovata una pressoché inedita: il consigliere spirituale.