Lo scatto è di quelli destinati ad essere ricordati, nel bene o nel male. La foto di Narni come quella di Vasto, che nel 2011 sembrava avesse cristallizzato la coalizione tra il Pd di Bersani, l’Idv di Di Pietro e Sel di Vendola. Alla fine le cose andarono diversamente, e quell’istantanea è ormai un monumento a qualcosa che sarebbe potuto essere e non è mai stato.

A Narni, nell’ultimo giorno di campagna elettorale prima del voto in Umbria, i leader del governo demostellato si sono fatti fotografare per la prima volta tutti insieme: al centro c’è il candidato alla presidenza Vincenzo Bianconi, alla sua destra il premier Giuseppe Conte e il capo politico del M5s Luigi Di Maio, alla sua sinistra i segretari di Pd e Leu, Nicola Zingaretti e Roberto Speranza.
Il «grande evento di coalizione» lanciato giovedì da Di Maio è andato in scena all’Auditorium San Domenico e, in realtà, è stato poco più di una conferenza stampa. In platea non c’era infatti il popolo, ma una selva di giornalisti, fotografi, telecamere candidati e notabili vari. È chiaro che il tutto era stato progettato per occupare spazi nel dibattito pubblico nazionale e non per parlare agli (eventuali) elettori umbri o, come da versione ufficiale, «spiegare i benefici della finanziaria».

I LEADER dei partiti di maggioranza hanno parlato più di politica politicante che delle magnifiche sorti e progressive del governo e dei suoi risultati già raggiunti. L’unico a provarci, infatti, è stato Speranza, che ha preso la parola per primo e ha tentato di raccontare che «questo governo ha cose importanti da dire sulla salute. Il nostro programma è scritto nella Costituzione all’articolo 32: la salute è tutelata dalla Repubblica e assicurata anche agli indigenti». Applausi timidi ai quali è seguito un breve accenno all’abolizione del superticket, «un importante obiettivo raggiunto» secondo il ministro di Leu.

A SEGUIRE è salito sul palco Zingaretti. «Il nostro è un paese che vive dentro la contraddizione di avere grandi fragilità e grandi possibilità – ha detto il segretario dem -, è vero che ci sono problemi e che c’è chi è bravissimo a raccontarli, ma è anche vero che chi cavalca le paure, si rivela anche il peggiore a risolverle. Ci sono delle differenze tra noi, è vero, ma stiamo insieme perché amiamo l’Italia».

Di Maio, poi, ha sostanzialmente sottoscritto: «Lavorare per un progetto comune è già una vittoria. Io non credo che i cittadini umbri possano consentire a nessuno di usare la loro regione come trofeo elettorale da citare lunedì per fregarsene da martedì ai prossimi cinque anni». Per il leader pentastellato, «il patto civico su Bianconi» non è solo un’alternativa a Salvini, ma una «terza via», espressione che ha fatto correre più di un brivido sulla schiena a chi nel Pd ricorda gli anni ’90 e il tentativo di inseguire il premier inglese Tony Blair lungo la sua terza via tra socialdemocrazia e liberismo.

La chiusura, come da copione, è stata di Conte, che ha utilizzato il suo intervento sostanzialmente per spiegare che lui non è in campagna elettorale e che il risultato delle regionali non avrà esiti sull’azione del governo. «Io porto rispetto ai cittadini umbri – ha affermato con un’enfasi per lui quasi inedita -, se avessi fatto campagna elettorale, l’avrei fatta in maniera rispettosa e sarei venuto qui ogni giorno. Oggi sono qui con orgoglio». Appena due parole in croce sulla manovra: «Iniziamo a perseguire i nostri obiettivi». Punto e basta.

Dopo il «grande evento», il premier e il candidato Bianconi si sono rivisti a Terni, per un incontro con gli operai della Treofan. E qui Conte, per incoraggiare l’aspirante presidente, tra gli sguardi perplessi dei presenti gli ha dedicato una battuta che ricalca quelle storiche di Bersani: «’sto ragazzo qui è intelligente, mica pettina le bambole…».

LE PROSPETTIVE ELETTORALI, a ogni buon conto, non appaiono rosee e le previsioni della vigilia danno la destra nettamente favorita. Da qui il tentativo (debole) di disinnescare la portata dell’ipotetica sconfitta: il voto umbro riguarda gli umbri e solo loro. Una posizione anche rispettabile, ma allora non si capisce perché fare il primo evento di coalizione proprio in provincia di Perugia e non direttamente a Palazzo Chigi o da qualche altra parte a Roma. Conte e gli altri, in realtà, hanno provato a presentarsi come tranquilla e moderata forza di governo, dunque hanno parlato tutti lentamente e misurando le parole. Ma la tranquillità e la moderazione non sembrano essere particolarmente apprezzate dagli elettori. Chi l’ha capito è Renzi, che ieri infatti a Narni non si è fatto vedere. Nel Pd la sua defezione è stata vissuta con fastidio da molti. Zingaretti ha provato a spegnere le polemiche, ma il tono delle sue parole è stato a dir poco gelido: «Il ministro Bellanova ha fatto una bella campagna elettorale, non venendo in Umbria ma incontrando tanti imprenditori. Nessuna polemica con Italia Viva».
Le urne chiuderanno domani alle 23. E nella notte si capirà come nasce, e se nasce, la coalizione tra Pd e Movimento 5 Stelle.