Si apre oggi a Santa Maria La Nova, splendido complesso monumentale nel centro antico di Napoli, Scene di una Buona Storia evento suddiviso in cinque giornate e dedicato ai cento anni del Pci visti da Napoli e dal Sud. È promosso da Infinitimondi Bimestrale di Pensieri di Libertà, in collaborazione con Città Metropolitana che l’ha patrocinata; la Fillea-Cgil nazionale che ne è diventata co-protagonista; l’Istituto campano per la storia della Resistenza e l’Archivio di Stato che hanno assicurato la più ampia collaborazione; l’Archivio audiovisivo del Movimento operaio e democratico che ha messo a disposizione materiali unici.

Cinque giorni di incontri faranno da cornice alla mostra fotografica dedicata ai 100 anni incentrata sui materiali fotografici dell’Archivio di Mario Riccio, fotoreporter de l’Unità prematuramente scomparso; a una personale del fotografo napoletano Luciano Ferrara dedicata al Pci; alla presentazione in anteprima del terzo volume speciale per il centenario dedicato alla pubblicazione, in forma integrale, delle Autobiografie della prima generazione di comunisti napoletani dagli anni ’20 ai primi anni ’50 da un Fondo dell’Istituto campano per la Storia della Resistenza; alla presentazione del Grande Album Fotografico con oltre 540 foto sulla storia del Pci napoletano e del movimento operaio e sindacale, edito da Colonnese per l’occasione; a Materiali di propaganda di fine anni ’40 e primi anni ’50 custoditi dall’Archivio di Stato di Napoli e provenienti da Prefettura e Questura. Tutto in presenza e in diretta streaming sulle pagine fb centoannipci e infinitimondi.

PROVIAMO COSÌ A SUPERARE quella idea malsana, che continua ad aleggiare anche in questo centenario, che quella dei comunisti italiani sia stata una malastoria, un errore, un incidente, quando invece essa ha rappresentato linfa vitale, della conquista prima e della difesa ed espansione poi, della democrazia e della libertà in Italia. Certo non da soli, con il concorso di tante altre culture e componenti altrettanto decisive, ma essi ne hanno rappresentato sicuramente parte costitutiva.
Mettendo tra parentesi ciò si è portato anche un colpo alla stessa democrazia, la si è esposta, la si è privata di alcune delle sue radici, di una delle sue componenti fondamentali non data da partiti e sindacati assunti in astratto ma visti nella loro capacità di fare e farsi società, popolo. In questo senso i protagonisti della mostra e delle centinaia di foto straordinarie in visione per la prima volta, sono i volti non tanto dei dirigenti ma quelli dei militanti, di quel mondo del lavoro e di quella classe operaia, di quelle donne e di quei giovani colti nei loro momenti di incontro, di festa, di lotta anche aspra.

ORA, SIA CHIARO, abbiamo ben presente che quella «storia» se è finita vuol dire che delle insufficienze doveva averle maturate, e la riflessione su questo è ancora da farsi, a dire il vero. E abbiamo ben presente che quel partito non torna. Ma certo, raccontarne criticamente storia e funzione, ruolo, vuol dire porre immediatamente un tema politico di fondo per l’oggi. È infatti del tutto aperta, e urgente, la ricerca del come, con chi e per cosa di una soggettività politica nuova che sappia fare in questo tempo nostro, con la testa e le speranze delle donne e degli uomini di oggi ciò che quel partito ha saputo fare lungo l’arco non breve del suo percorso. L’opposto di una chiusa nostalgica ma invece l’idea di una storia che, nonostante tutto, continua, testardamente a interrogarci. A partire da una lezione: la legittimazione della politica, per la sinistra, viene in primo luogo dalla sua capacità di coltivare un orizzonte radicale di cambiamento e di fondarlo sulla soggettività di forze delle società. Ed è solo da qui che può ripartire un discorso nuovo.