L’hotel Du Park dove alloggio si trova in centro, vicino a Place de la Comédie, in un’ala di un elegante palazzo ottocentesco, con la scalinata interna che porta alle camere comode e silenziose, e per arrivare nella zona di Richter, tra i quartieri di Odysseum e Port Marianne, prendo il tram elettrico che attraversa il centro della città, ferma alla stazione centrale, continua perdendosi lungo il tracciato delle rotaie verso una periferia ordinata e deserta. Ci sono tre linee, e a secondo della direzione i convogli hanno un colore diverso. È un sabato mattina nebbioso a Montpellier, poche auto transitano sugli stradoni grigi, anche il tram è abbastanza vuoto. La cittadina universitaria è molto vivace e vivibile, e ha un cuore ambientalista nel Centro di ecologia funzionale ed evolutiva (Cefe), dove si studiano biodiversità, ecosistemi mediterranei e cambiamenti climatici globali, per non parlare dei suoi ben 180 spazi verdi cittadini di circa 750 ettari, e del suo zoo con la serra «amazzonica», un parco dove vivono ghepardi, rinoceronti, bisonti, e altre 135 specie animali, ma è nota anche per la sua architettura d’avanguardia fatta di edifici firmati da Jean Nouvel, Zaha Hadid e i fratelli Fuksas.

QUANDO SCENDO ALLA FERMATA che mi hanno indicato pioviggina, timoroso chiedo a una signora distinta dove si trova l’Albero bianco, e quella mi dice decisa di attraversare e la strada e proseguire a sinistra, lo incontrerò poco più avanti. Mi trovo in un quartiere residenziale di palazzi funzionali e squadrati, le vetrate a specchio e silhouette di alberi spogli, marciapiedi ordinati e spartitraffico. Cammino ancora per qualche centinaio di metri, poi l’Arbre Blanc, l’albero-pigna come lo hanno denominato, appare dietro una rotonda dove sorge il vecchio stabile della dogana e una volta si pagava il dazio per entrare in città, una citazione di passato, il piccolo fabbricato in mattoni color ocra incastonato e solitario in mezzo a palazzi monumentali, come quello che ospita la biblioteca dell’Università.

POCO PIÙ AVANTI COMINCIA A SCORGERSI l’edificio in lavorazione, transennato alla base, curvo e a forma ovoidale di tronco, in parte ancora grezzo, in alto alcuni piani completati, costruiti a spirale, coi balconi bianchi smaltati che si allungano a ventaglio nel vuoto come rami o petali d’acciaio. È un progetto architettonico alto 56 metri dove si incontrano Oriente e Occidente, 17 piani e un terrazzo con vista vertiginosa sul mar Mediterraneo, le montagne Pic Saint-Loup e la città, 120 sontuosi appartamenti che si proiettano all’esterno come fronde di una pianta che cercano di essere illuminate dalla luce del sole; ma ospiterà anche 152 posti auto nell’interrato, un bar panoramico all’ultimo piano e la fondazione d’arte contemporanea del presidente di Proméo, Gilbert Ganivenq. «È come un paio d’ali che s’inarcano al vento», ha detto l’architetto giapponese Sou Fujimoto, uno dei più importanti progettisti contemporanei, autore anche del Padiglione della Serpentine Gallery a Londra, la Primitive Future House di Basilea e del Museo della Musashino Art University di Tokio, mi sono ispirato direttamente al clima di Montpellier e al modo di vivere gli spazi esterni dei cittadini», infatti le abitazioni avranno tutte balconi (che occupano la metà della superficie abitabile) in direzioni diverse corrispondendo alle vocazioni dei suoi abitanti, i quali dovranno selezionare anche diverse piante ornamentali che completeranno il suo arredo vivente.

GUARDANDO IN ALTO LA PARTE DI EDIFICIO completata, appare davvero monumentale e molto aerea, una struttura che vuole essere naturale come un giardino pensile verticale, abitare lo spazio en plein air con leggerezza, e il suo bianco luminoso la rende ancora di più futuristica, le forme dinamiche e liriche come queste che invece di depositarsi architettonicamente sul contesto paesaggistico assumono una forma naturale e si fanno attraversare dai fenomeni atmosferici.

Parlo con uno degli operai algerini delle pulizie che lavora anche oggi in cantiere, mi spiega che i lavori sono iniziati due anni fa e saranno completati a fine anno, «l’ha costruito un grande architetto, il più importante del mondo» dice orgoglioso aspirando il fumo della sigaretta, mi spiega che è costruito in modo ecocompatibile, la torre è stata congegnata per ridurre al minimo le emissioni nocive, con strategie passive come il recupero dell’acqua piovana e i camini solari.

UNA GIOVANE SIGNORA BIONDA che sta attraversando veloce il marciapiedi, stringendo a se la borsetta scura, afferma soddisfatta che è una costruzione a forma di albero molto bella, «è tutta bianca» aggiunge con meraviglia, «ma non ci andrei mai ad abitare» dice indicando in alto i balconi pensili che si allungano nel vuoto, «sono troppo sporgenti, mi fanno paura». Un’anziana che è in giro col suo cane al guinzaglio, un vecchio golden letriever, una tipa grassoccia con la faccia larga e gli occhiali da vista, dice «il palazzo è magnifico, ma qui non ha prospettiva», vuole dire di spazio, intuisco, «è soffocato dai palazzi intorno, dovevano progettarlo in un luogo più vasto, infatti c’è stata una petizione per impedire di costruirlo» m’informa, gli abitanti del quartiere erano contrari.

ENTRO ALLA PÀTISSERIE RICHTER, dall’altra parte della strada, su un lato della rotonda, attraverso il bancone dove sono in mostra dolci molto colorati e invoglianti, mi siedo in un tavolino in fondo, vicino a un ragazzo e due signori che stanno bevendo il caffè. Dietro il banco una signora bionda di mezza età bassa di statura dal fare spiritoso, un paio di occhiali da vista viola, armeggia con la Gaggia, percepisco il tintinnio delle tazzine. Quando le chiedo che ne pensa dell’Albero bianco, fa una smorfia di disappunto, poi dice quasi seccata «non è stato costruito al suo posto, in un luogo isolato sarebbe stato maestoso», invece in questo quartiere residenziale, il più ricco e lussuoso di Montpellier, secondo lei sta in un contesto sbagliato, e neanche le importa se porterà o no nuova clientela. «L’edificio però è molto bello» dice però alla fine.

CERTO I NUOVI BARONI RAMPANTI che verranno a vivere qui in questi comodi e spaziosi appartamenti pensili, saranno una piccola élite disposta a pagare il prezzo proibitivo di 5000 euro a metro quadro per vedere oltre il ponte sul fiume Lez, che si stende subito dopo l’Albero bianco in Rue Thetis, con gli edifici monumentali pieni di vetrate, e i paesaggi urbani e naturali in lontananza. Potranno persino orientare i balconi, indirizzarli verso la parte di natura che preferiscono, o adattarli alla situazione, quella di una cena estiva in presenza di colti ed eleganti commensali, la degustazione di un ottimo vino della Linguadoca, il Grès de Montpellier, un rosso dal sapore intenso e fruttato, posizionarli verso le spiagge di Palavas-les-Flots mentre si è presi dalla lettura di un libro in questo spazio sospeso all’aperto, una finestra aperta sul mondo. Questi novelli baroni rampanti si godranno la frescura ai piani più alti, fumando un Quay d’orsai imperiales, un churcill, o degli ottimi Navarre, voglio immaginare mentre mi dirigo verso l’Esplanade de l’Europe, un complesso fatto di moderni edifici a semicerchio. Ma, come scrive Italo Calvino nel suo celebre libro, «un gentiluomo è tale stando a terra come stando in cima agli alberi».