Sono morti per salvare la vita a un figlio e a un fratello. Sono morti per un lavoro pericoloso. E, ancora una volta, per un lavoro senza regole e precauzioni. I due operai di Bitonto, Nicola e Vincenzo Rizzi, padre e figlio di 50 e 28 anni, hanno perso la vita ieri mattina nella zona industriale di Molfetta, annegati all’interno di una cisterna interrata per la raccolta delle acque reflue dell’azienda ittica ‘Di Dio’, nella quale sono caduti perché storditi dalle micidiali esalazioni.
Il più piccolo dei tre, Alessio Rizzi di 21 anni, ricoverato all’ospedale di Bisceglie, è il testimone oculare di quanto accaduto. «Con mio padre e mio fratello – ha raccontato ai medici – dovevo pulire la cisterna interrata. Ho sollevato il coperchio del tombino che, credo di ricordare, mi è caduto nel pozzo. Ricordo solo di aver tentato di recuperarlo e di aver battuto la testa contro qualcosa». A quel punto il padre ha fatto l’unica cosa possibile: provare a salvargli la vita. Calatosi nella cisterna profonda tre metri, e aiutato dall’altro figlio Vincenzo, sono riusciti a tirarlo fuori. Poi, però, è accaduto l’irreparabile. Il padre, a causa delle fortissime esalazioni, ha perso i sensi: in suo aiuto è arrivato Vincenzo; anch’egli però, non ha retto all’urto delle emissioni provenienti dalla cisterna, svenendo. A quel punto, i due sono finiti sul fondo della cisterna, morendo annegati in pochi istanti tra i liquami. Una fine atroce, orrenda, inaccettabile. Una famiglia distrutta dal diritto a un lavoro sempre più precario e fuori controllo.

Del resto, non è certo la prima volta che si verificano episodi simili. Per uno strano scherzo del destino, infatti, a pochi metri dall’azienda ittica ‘Di Dio’, ha sede la Truck Center, impresa di Molfetta adibita al lavaggio di autocisterne. Il 3 marzo del 2008, furono in cinque a perdere la vita: Vincenzo Altomare, 64 anni e titolare dell’azienda, Luigi Farinola di 37, Biagio Sciancalepore di 24, Guglielmo Mangano di 44 e Michele Tasca, di 19. Anche quel giorno, la tragedia avvenne per salvare la vita a un collega che affacciatosi all’oblò della cisterna di un camion adibito al trasporto di zolfo, svenne dopo essere stato investito dalle esalazioni di acido solforico sprigionato dalla reazione zolfo e acqua, precipitandovi dentro. Uno dopo l’altro morirono per tentare di salvare la vita ai colleghi. Il processo, ancora in corso, vede alla sbarra sei persone e tre ditte responsabili per diversi ambiti: tra cui l’Eni di Taranto, da dove proveniva il camion cisterna.

Altri casi simili si sono verificati sempre in Puglia, e nel resto d’Italia, negli ultimi anni. Questo tipo di manutenzioni industriali è infatti ad altissimo rischio ed è difficile trovare personale disponibile ad effettuarle. Inoltre, come denunciato da Sebastiano Calleri della Cgil nazionale, «spesso non si forniscono informazioni rispetto alle sostanze contenute o potenzialmente contenute nei recipienti, né circa i relativi effetti sulla salute rispetto a una esposizione sporadica o regolare». Se a ciò si aggiunge che per seguire la logica del risparmio non si svolge la formazione indispensabile, non si forniscono dispositivi di protezione individuale o apparecchi necessari a salvarsi almeno dalle conseguenze più estreme, e ci si affida a ditte private esterne come la ‘Rizzi Autospurgo’, il gioco è fatto. Eppure, lo stesso Calleri ricorda come proprio in occasione dell’incidente alla Truck Center, di concerto con Ministero del Lavoro e Inail vennero individuate delle Linee guida sul tema «Ambienti confinati (cisterne)».

Intanto domani il medico legale Alessandro Dell’Erba eseguirà l’autopsia sui corpi delle vittime, mentre il camion spurgo e la cisterna sono state sequestrate dai carabinieri per svolgere gli accertamenti del caso. La procura di Trani ha aperto un’indagine per omicidio colposo e procederà con molta probabilità nei confronti del legale rappresentante dell’azienda ‘Di Dio’. Ambienti vicini alle indagini ipotizzano che il pozzo cisterna sul quale stavano lavorando i tre operai della ditta di autospurgo non fosse a norma. Mentre il pubblico ministero Conticelli, che ha preso in consegna il fascicolo dell’inchiesta, uscendo dal luogo dell’incidente, ha dichiarato che «potrebbe essersi trattato di una imprudenza».

Saranno le indagini a stabilire l’esatta dinamica dei fatti. Intanto, l’Italia e il Sud piangono altre due vittime del lavoro. Che non ha più regole e colori.