L’avvocato Giuseppe Marziale si occupa di lavoro. Ha spesso difeso i sindacati di base e singoli dipendenti in cause contro i maggiori gruppi industriali. È lui a seguire il procedimento contro i cinque operai dalla Fca di Pomigliano d’Arco. Ieri era al convegno all’Antisala dei Baroni.

Avvocato, la prossima settimana ci sarà una nuova udienza al Tribunale di Napoli, dopo due pronunciamenti negativi a Nola. Ha ragione l’azienda a non volere dipendenti infedeli?

L'avvocato Giuseppe Marziale
L’avvocato Giuseppe Marziale

Qui non si tratta di una questione disciplinare, la Fca ogni anno avvia oltre cento procedimenti e contestazioni. Questo caso ha una rilevanza nazionale perché svela la concezione neocorporativa del rapporto di lavoro che vige in Fca: secondo l’azienda, attraverso il contratto l’operaio si lega al gruppo al punto che persino le sue opinioni appartengono al datore di lavoro in ogni aspetto. L’obbligo di fedeltà a cui è tenuto l’operaio riguarda il divieto alla divulgazione di segreti o il divieto di lavorare per la concorrenza, non riguarda in nessun modo le convinzioni personali o politiche espresse al di fuori del suo posto di lavoro oltre l’orario. Ricordo che i cinque in quel momento erano in cassa integrazione, non mettevano piede sulle linee da anni. È come se Fca avesse instaurato l’extraterritorialità del sistema fabbrica. Del resto il Lingotto ha sempre tirato dritto per la sua strada, in 25 anni di contenziosi legali ha praticamente scritto l’Enciclopedia Britannica delle condotte antisindacali.

Secondo gli operai, il Lingotto li ha puniti per la loro attività sindacale

Su cinque buttati fuori, Mimmo Mignano ha subito in precedenza altri due licenziamenti. Il primo, nel 2004 con Marco Cusano, dopo un’assemblea sindacale al Giambattista Vico. Procedimento ritirato in via definitiva perché hanno vinto tutti i gradi di giudizio. È stato licenziato ancora, nel 2007, per un’azione dimostrativa con striscioni e megafoni in una concessionaria Fiat. Ha vinto in primo grado, martedì prossimo ci sarà l’appello nello stesso tribunale di Napoli dove si discuterà del licenziamento comminato nel 2014. Lui è a quota tre, Cusano due, gli altri tre al primo procedimento. Chiunque vinca il 20 settembre andremo comunque a finire in Cassazione, è fondamentale che la mobilitazione prosegua.

Perché il giudice dovrebbe ribaltare le decisioni prese a Nola?

Gli argomenti utilizzati dal tribunale di Nola per confermare i licenziamenti si allontanano dalle categorie che disciplinano il contratto di lavoro. Quello che è avvenuto a Pomigliano è l’esercizio di opinioni dissenzienti in forme lecite, persino Fca sa che si è trattato di forme lecite infatti non ha presentato alcuna querela o intentato un procedimento penale. Soprattutto il secondo pronunciamento ha ampliato in modo abnorme l’obbligo di fedeltà, in contrasto con il diritto positivo attualmente vigente correttamente interpretato. In particolare è in contrasto con il diritto di espressione.

Se il diritto è chiaro, perché è così difficile ottenere il rispetto delle norme?

Negli ultimi cinque anni, con la precarizzazione del lavoro, è diventato difficile esercitare i propri diritti, sia se riguardano il welfare o le norme sindacali. Se il contratto può essere cancellato anche solo per aver espresso un’opinione, sarà sempre più difficile ad esempio che le donne chiedano il rispetto delle norme sulla maternità oppure che si esercitino quelle sulla disabilità. La conflittualità è stata cancellata attraverso il ricatto sul lavoro. Quello che è successo a Piacenza ne è una conferma: a finire sotto le ruote del camion è stato un lavoratore con il contratto a tempo indeterminato che lottava per i suoi colleghi precari. Il comportamento della procura di Piacenza è in linea con quello che succede qui: è stata inopportuna nella sua corsa a derubricare la morte a incidente stradale, dimostrando che spesso i tribunali vanno dove spira il vento.