Mentre scriviamo è in programma per oggi, venerdì 17 ottobre, l’incontro Putin-Poroshenko a Milano, ma sembra che ieri sera i due capi di stato abbiano avuto colloqui separati con Angela Merkel e, addirittura, non era ancora chiaro se si sarebbero visti a quattr’occhi in tradissima serata (troppo tardi per noi). mentre l’attesa per l’incontro resta alta, nel sudest dell’Ucraina il cessate il fuoco appare sempre più debole e ai 3.360 morti e 8.446 feriti del rapporto Onu di una settimana fa, si debbono aggiungere altre decine di vittime.

Solo nelle ultime 24 ore 5 civili sono rimasti uccisi e 12 feriti, mentre le milizie comunicano che degli oltre 200 governativi accerchiati nella sacca di Bakhmutovka, presso Lugansk, circa la metà sono stati uccisi o feriti.

È certo che i presidenti russo e ucraino, insieme a questioni economiche, discuteranno anche della crisi nel Donbass, come lo hanno fatto altre volte in colloqui telefonici successivi al loro incontro a Minsk lo scorso 5 settembre; ma è dubbio che si raggiungano risultati immediati. Putin aveva anticipato la maggior parte dei temi del forum di Milano, nell’intervista rilasciata al serbo Politika all’antivigilia della sua duegiorni europea.

Vladimir Vladimirovic infatti, sulla strada per l’Italia, ha fatto tappa ieri a Belgrado, dove è stato solennemente accolto (Putin è stato insignito della più altra onorificenza serba) dal Presidente Tomislav Nicolic e dal premier Aleksandr Vucic, per l’occasione del 70° anniversario della liberazione dall’occupazione nazista. A Belgrado hanno addirittura anticipato di 4 giorni le celebrazioni, per farle coincidere con l’arrivo del presidente russo, in onore del quale s è svolto poi, a fianco della parata militare ufficiale, anche un meeting popolare con bandiere russe, ritratti di Putin e… dello zar Nicola II, in una Belgrado tappezzata di manifesti di «Insieme alla Russia», di cui si ricordano le comuni radici ortodosse e la lotta comune contro il nazifascismo.

Nei colloqui, Putin ha ribadito la posizione russa sulla questione del Kosovo, che «si basa non solo sulla nostra amicizia e vicinanza, ma anche sul diritto internazionale e sulla giustizia. La Russia non fa commercio dell’amicizia. Abbiamo sempre appoggiato la Serbia e continueremo ad appoggiarla». Da parte sua, Vucic ha dichiarato che la Serbia non introdurrà sanzioni contro la Russia, mentre ha espresso riconoscenza per il rispetto di Mosca nella scelta di Belgrado di aderire alla Ue.

Sulla questione del gas, nonostante Kiev abbia fatto sapere di voler rovesciare i termini proposti da Mosca per il pagamento del debito (1,451 miliardi di dollari, dei 3,1 dovuti, prima dell’inizio delle forniture e il resto entro fine anno) e attendere quindi la fornitura prima di cominciare a pagare, Putin ha ricordato come Gazprom abbia aumentato le riserve di gas, proprio per evitare eventuali problemi nel transito – il premier ucraino Arsenij Jatsenjuk ha dichiarato ieri che il suo paese non può garantire il transito ininterrotto del gas russo verso l’Europa – durante il prossimo inverno.

Ma a Belgrado ha anche dichiarato che «se i nostri partner ucraini cominceranno ad appropriarsi del gas che passa per i condotti dell’export, ridurremo le forniture della stessa quantità rubata» ha detto Putin, che ha comunque espresso la speranza di trovare un accordo, forse già oggi a Milano.

Sulla questione delle sanzioni Usa e Ue alla Russia, Putin ha ribaltato la tesi occidentale: «Washington ha appoggiato Majdan e poi ha accusato la Russia della successiva crisi in Ucraina» ha detto. Invece, proprio il colpo anticostituzionale di febbraio «è stato il punto di partenza per gli eventi successivi. I tentativi unilaterali di premere sulla Russia con misure restrittive illegittime non portano a nessuna soluzione. Da parte nostra ci sarà una valutazione degli impatti delle sanzioni e risponderemo basandoci sugli interessi nazionali» ha concluso Putin.