Affluenza in calo rispetto alle politiche del 2013, ancora più bassa quella delle regionali. Milano sembra uscire stanca da queste elezioni, in una Lombardia che si conferma ancora una volta pesantemente a destra. Milano è stata la città di Pisapia e ora di Beppe Sala, dove lo spirito unitario che ancora regge la maggioranza del sindaco ha dovuto cedere il passo alla frantumazione del centrosinistra nazionale; così anche qui ciascuno è andato per la sua strada.

Milano però resta una delle sfide più interessanti per l’ex centrosinistra, in particolare per Liberi e Uguali che ha sfidato il Pd nella città dell’accoglienza dei migranti e dei diritti civili con una candidata come Laura Boldrini che incarna questi due elementi. Una personalità e un profilo politico ben definiti contro un candidato, Bruno Tabacci, staccato dalla città e dai temi che hanno tenuto banco in questa campagna.

Una buona affermazione di Laura Boldrini sarebbe un segnale forte al Pd renziano in una città dove i democratici sono forti e la diaspora con gli ex finiti in Liberi e Uguali a livello locale non si è quasi vista. Laura Boldrini è candidata alla Camera sia all’uninominale nella zona centrale di Milano, sia al proporzionale lombardo. È arrivata in città all’inizio di febbraio, una campagna serrata e low cost.

La prima uscita pubblica a al microfono aperto di Radio Popolare, pochi giorni dopo l’attentato fascista di Macerata. «Il veleno si è diffuso quando chi doveva fare argine a questa narrazione non l’ha fatto» disse riferendosi alle pulsioni xenofobe e razziste nel paese. Un veleno che si diffonde con più fatica a Milano rispetto al resto della Lombardia dove la Lega aumenterà di 5-7 punti percentuale i suoi consensi. Laura Boldrini, la nemica pubblica numero uno di razzisti, xenofobi e maschilisti, candidata nella città dove la sinistra, soprattutto interna al Pd, ha fatto dell’accoglienza dei migranti e dei diritti dei capisaldi della propria politica. Quanto avrà funzionato nelle urne questa operazione lo capiremo bene nelle prossime ore.

Boldrini se la gioca con il democristiano Bruno Tabacci, candidato della coalizione Pd, +Europa, Insieme e Civica Popolare. La terza sfidante di peso è Cristina Rossello, uno degli avvocati di Silvio Berlusconi. Non sono zone queste in cui Lega o Cinque Stelle possono incutere timore, in una città che complessivamente dal 2011 ad oggi non ha avuto sbandamenti a destra. A Milano Potere al Popolo ha assorbito Rifondazione Comunista e alcune aree legate alla Fiom e ai sindacati di base. Movimenti e associazioni sono state piuttosto tiepide, i candidati di PaP sono tutti legati ai territori.

Anche a Milano si sono viste lunghe code ai seggi, sopratutto in serata, con file anche di 50 minuti. A metà giornata il Comune aveva chiesto ai cittadini con appelli su Facebook e Twitter di andare alle urne con largo anticipo rispetto alla chiusura delle 23, ma le code ci sono state lo stesso.

Alla fine l’affluenza è stata di quattro punti più bassa rispetto a cinque anni fa, 73% oggi, 77,36% nel 2013. Nel pomeriggio lo spoglio delle regionali, capiremo di quanto avrà vinto il leghista Attilio Fontana e quanto avrà pesato la separazione tra Pd e Liberi e Uguali sul candidato di centro sinistra Giorgio Gori. Gli exit poll danno Fontana sette punti sopra Gori: Attilio Fontana tra il 38 e il 42%, Giorgio Gori tra il 31 e il 35%, Dario Violi dei Cinque Stelle tra il 17 e il 21 e Onorio Rosati di LeU tra il 2 e il 4%.