Pedalano in città. Sono organizzati tramite una app, non si conoscono anche se talvolta si incrociano in strada tra una consegna e una pausa. Per ora guadagnano e il loro numero cresce. Sono i ciclo-fattorini di Deliveroo e sono chiamati «rider». Vi sarà capitato di vederli sfrecciare o usare il loro tempo per la consegna di una pizza, una birra o un piatto senza allontanarvi dal divano.

Stasera alle 19,30 in piazza XXIV Maggio a Milano incroceranno le loro biciclette e i loro motorini per la prima «Deliverance Strike Mass», uno sciopero/manifestazione che i rider definiscono anche «una biciclettata tra i ristoranti della movida e gli abituali punti di ritrovo dei rider». Per i lavoratori la «Deliverance Strike Mass» non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Sarà un momento informativo e di contatto con gli altri rider che non sono ancora riusciti a incontrare o a sensibilizzare. L’obiettivo è organizzare un vero e proprio sciopero del servizio a settembre.

«Deliveroo – racconta una rider – è il più vantaggioso tra i servizi similari perché garantisce oltre ad 1,20 a consegna anche una paga oraria, ma non si ancora per quanto». I lavoratori sostengono che la sbandierata flessibilità di Deliveroo è vanificata dal sistema di riconferma dei turni di settimana in settimana. Da febbraio a oggi ha imposto ai componenti di quella che in gergo viene definita «flotta» un lavoro molto rigido. I rider lamentano la limitazione drastica della facoltà di scelta sui turni che ha determinato la perdita parziale o totale di lavoro per molti di loro. E, in più, ha reso quasi impossibile riottenere le ore perdute, diversamente da quando sostenuto al momento dell’ «on boarding». Quest’ultimo anglismo, nel gergo dell’economia dei «lavoretti» (gig-economy) significa «assunzione».

Chi lavora per Deliveroo è pagato «in ritenuta d’acconto, non è così coperto da nessun tipo di assicurazione o di tutela contrattuale» continua la rider. I tempi non sono quelli di un lavoretto saltuario, come viene presentato. Per lavorare bisogna adeguarsi al tempo organizzato dall’azienda. «I turni di settimana in settimana vengono fatti con il copia incolla. Se lavoro tre giorni questa settimana, la prossima avrò gli stessi orari. Ma se non lavoro, perché ho impegni o altro, la settimana dopo non so esattamente che orari avrò. Quindi se per una settimana sono malata rischio di ripartire da zero». Dall’ufficio turni la risposta è: «Siete in tanti che volete lavorare. Noi cerchiamo di far lavorare tutti. Sono entrati altri in turno. Fai richiesta di turni tramite l’app e appena possiamo ti inseriamo».

Nel documento di convocazione della manifestazione sono analizzate altre caratteristiche del lavoro su piattaforma digitale: «Se siamo lavoratori flessibili e collaboratori autonomi – domandano i rider- per quale motivo non possiamo rifiutare il 10% delle consegne come da contratto?». E poi: «Se siamo prestatori d’opera indipendenti, come mai Deliveroo offre un servizio di intermediazione di manodopera ai ristoratori, gestendo i rider da somministrati come un’agenzia del lavoro?». Queste, e altre domande, sono ricorrenti in Italia dall’autunno del 2016 quando furono i rider di Foodora, un’altra piattaforma del «delivery food», a scioperare contro una paga a consegna più bassa rispetto ad altre città.

In queste ore sui social network viene condiviso un «vademecum» per lo sciopero possibile. «Deliveroo dice che sei un “lavoratore autonomo”? – si legge – Perfetto! Sabato 15 luglio non lavorare! È l’unico diritto che hai, trasformalo in un tuo vantaggio! Hai tempo fino a 24 ore prima per avvisare. Non sei obbligato a lavorare, non segnarti di turno. L’azienda non può farti niente». Nel caso arrivasse la chiamata dal call center l’indicazione è dire «oggi non posso lavorare». Il decalogo per lo sciopero termina con un appello: «Incrocia le braccia! Frena, scendi in strada e alza la bicicletta al cielo! Stop alla logica del “corri, consegna e crepa!”».