Un fatto atteso ma non scontato: il vento arancione non si era ancora sentito su spazi sociali e occupazioni. Calma piatta e tanti sgomberi. Non per volontà del Comune, ma si sa che i silenzi pesano quando le questioni politiche diventano di ordine pubblico.

Da ieri sera però anche a Milano si discute pubblicamente del futuro degli spazi sociali, occupati e non. Un gruppo di lavoro voluto direttamente dal sindaco Giuliano Pisapia e animato dal suo delegato ai rapporti con la città, Paolo Limonta, e da quello alle politiche giovanili, Alessandro Capelli. Un tavolo pubblico che apre uno spazio di confronto pubblico e, per chi vorrà, anche l’inizio di una battaglia politica pubblica. Hanno aderito fin da subito a questo gruppo di lavoro associazioni e organizzazioni più istituzionali: Arci, Camera del Lavoro, la Comunità Nuova di don Gino Rigoldi, la Comunità di Sant’Egidio. Per gli spazi occupati il centro sociale Zam e il Lambretta, entrambi sotto sgombero, e Macao. Altri spazi occupati come Cantiere, Piano Terra o Cox 18 hanno deciso di rimandare al mittente l’invito: «Non ci sono i presupposti per discutere».

Dire spazi occupati è raccontare di storie, pratiche, percorsi diversi, non sorprendono quindi le reazioni diverse a una chiamata di questo tipo. Chiamata dove gli spazi occupati, in realtà, non erano neanche nominati. Era stato invece il sindaco Pisapia, alcuni giorni fa, a citarli: «I centri sociali sono una realtà importante, di aggregazione di giovani, di cultura alternativa, di rapporti con la cittadinanza, sono una risorsa per la città, ma hanno anche una volontà di piena autonomia. Il Comune non decide gli sgomberi: c’è un tavolo e il Comune fa le sue osservazioni, ma poi non è compito del Comune». Il gruppo di lavoro per il sindaco servirà «a dare alternative nel rispetto delle regole».

Le regole, appunto. Quali? Il gruppo di lavoro si propone di trovare nuove soluzioni «per l’assegnazione e rivitalizzazione degli spazi sfitti ancora presenti in città». Obbiettivo più che mai necessario in una Milano fino ad oggi poco coraggiosa. Di facilitare accesso e gestione degli spazi sfitti c’è enorme bisogno, ma il tema c’entra poco o nulla con chi da anni colma i vuoti della politica occupando e autogestendo spazi, facendo politica e movimento fuori della regole esistenti e sul margine esterno della legalità, inventandosi e proponendo altri modi di vivere la dimensione pubblica.

Oltre quel tavolo c’è tutta una città che aspetta forme non convenzionali di gestione dello spazio pubblico, partecipate, che allarghino le possibilità. Se quel tavolo avrà gambe per camminare lo vedremo da domani, intanto si è rotto l’immobilismo, l’incantesimo per cui di certe cose non si può o non si deve parlare.