I risultati più che prevedibili delle elezioni europee non devono distoglierci dal terreno di scontro politico principale nei prossimi anni, perché da esso dipenderanno sempre più tutte le questioni sociali all’ordine del giorno – redditi, occupazione, salute, giustizia… – la lotta contro i cambiamenti climatici.

La seconda giornata mondiale di sciopero per il clima – 24 maggio – si è conclusa positivamente. In Italia, e in particolare a Milano, ha registrato una partecipazione più ridotta, ma sicuramente più consapevole e convinta, di quella del 15 marzo, come è nella natura di un movimento che sta crescendo. Slogan, canzoni, cartelli, striscioni autoprodotti. Inutile parlare di numeri: si era, sia al mattino (sciopero degli studenti) sia al pomeriggio (per chi al mattino non poteva esserci), più di quanti ne abbia riuniti Salvini in Piazza Duomo, pur tenendo per buono il pallottoliere truccato in dotazione a tutte le questure d’Italia.

Tra inevitabili alti e bassi il movimento Fridays for future ha comunque confermato la sua forza, che poggia su due pilastri: innanzitutto è un movimento mondiale: tutti i governi dovranno cominciare a tenerne conto; con i fatti e non a parole. Poi si confronta con un peggioramento del clima di cui tutti – anche i negazionisti – sono ormai costretti a prendere atto; con i suoi eventi estremi più gravi e frequenti impedirà a tutti di metterlo nel dimenticatoio o di continuare a sfotterlo.

Il movimento continuerà con la moltiplicazione di azioni sparse, indispensabili per tener alta l’attenzione sul tema. E crescerà mano a mano che, dopo Milano e Napoli, altri Comuni – nel mondo sono già oltre 400 – saranno spinti a dichiarare l’emergenza climatica: per ora solo a parole; ma legittimando con ciò le rivendicazioni che il movimento presenterà loro. Intanto, in vista del prossimo strike mondiale del 20 settembre, c’è l’urgenza dimettere a fuoco i prossimi impegni.

Il primo l’ha esplicitato Greta: il prossimo sciopero deve coinvolgere anche gli adulti, quelli che non sono studenti o studentesse. Non che finora siano mancati, ma sono arrivati in ordine sparso; sempre, peraltro, bene accetti. D’ora in poi bisogna lavorare perché “gli adulti”, e soprattutto i lavoratori, si convincano a partecipare in massa al movimento perché siamo tutti esposti allo stesso rischio mortale. Occorre agire innanzitutto su famiglie, condominii, municipi e associazioni di quartiere. Poi sul personale di aziende, stabilimenti, enti – e non solo attraverso i sindacati, oggi riluttanti se non contrari a impegnarsi in questo campo; o pronti a farlo a parole – promuovendo volantinaggi, riunioni, assemblee, dibattiti sul tema, fuori e dentro i luoghi di lavoro; e presentandosi in massa all’ingresso e all’uscita dal lavoro, come avevano fatto davanti alle fabbriche gli studenti di cinquant’anni fa.

Ma per farlo bisogna che Fridays for future rafforzi la sua presenza nelle scuole e nei dipartimenti, mettendo all’ordine del giorno, prima dell’inizio del prossimo anno scolastico, la revisione dei programmi, dei corsi di studio e degli orari scolastici per far posto ai temi dell’emergenza climatica e ambientale, unitamente alla richiesta di interventi per rendere ambientalmente sostenibili le scuole.

Occorre mettere a punto, in un confronto aperto con studenti, associazioni e comitati che si riescono a raggiungere, quali sono gli interventi più urgenti per tradurre in fatti le dichiarazioni di emergenza approvate: sia le cose da fare al più presto, sia quelle da bloccare subito. E qui casca l’asino. Perché convincere un’amministrazione che la strada che sta percorrendo è sbagliata e che occorre cambiare rotta è come chiedere ai suoi esponenti di cambiare mestiere…

Tutti cercano di far credere che ce la si può cavare con poco: un po’ più di raccolta differenziata, una dieta con meno carne, un po’ più di bicicletta, un po’ di pannelli solari sui tetti, qualche viaggio aereo in meno, il vetro al posto della plastica – tutte cose sacrosante – e la vita può continuare come prima.

Non è così. Bisogna sì iniziare dai problemi della vita quotidiana di tutti; però entrando nell’ottica che i cambiamenti a cui andremo incontro saranno radicali: sia se si lascia che le cose continuino per il verso attuale, sia se si cercherà di riprendere in mano il nostro destino, e quello di tutte le future generazioni. Insomma, comunque vada, niente, ma proprio niente, sarà più come prima. Occorre disporci, e disporre chi incontriamo, a entrare in un mondo completamente diverso.