Ancora un dato allarmante in Lombardia: +32.696 nuovi casi. Con 209.685 tamponi processati il tasso di positività arriva al 15,5%. Milano resta la provincia più colpita, con oltre 5.000 casi solo in città. Seguono Monza e Brianza (3.388), Brescia (2.757) e Bergamo (2.466).

Virologi ed epidemiologi pensano a un ulteriore impennata a gennaio, quando la regione potrebbe sfiorare i 50mila casi al giorno, il che vorrebbe dire raddoppiare il numero di ospedalizzati fino a 3.500 con una nuova conversione dei reparti non Covid in reparti Covid. Ma per il consulente regionale all’emergenza, Guido Bertolaso, «il sistema sta reggendo bene nonostante i numeri».

Dal canto suo, l’assessora al Welfare, Letizia Moratti, ha annunciato ulteriori 800 posti letto (400 di sub-intensiva e 400 di degenza base per pazienti Covid) senza specificare dove sarà reperito il personale e come questo si ripercuoterà sull’attività ospedaliera non Covid. Inoltre «ulteriori 78 unità per un totale di 263 posti letto in terapia intensiva», recita la nota di Palazzo Lombardia che tira fuori ancora una volta il jolly dell’Ospedale in Fiera – ora centro tamponi, ora hub vaccinale, ora polo di terapia intensiva – annunciando «la possibilità di attivare 3 moduli, ciascuno da 15 posti letto di t.i.».

Nessun intervento però per alleggerire la pressione sul sistema tamponi. Da ieri, infatti, è stato aperto un punto test a Gallarate, in provincia di Varese. Un centro che non risolve la critica situazione, per esempio, di Milano con code di ore fuori da farmacie e ospedali. Le otto nuove linee di tamponi e il potenziamento sulla rete promesso da Moratti anche attraverso i medici di base non si è ancora visto e difficilmente riuscirà a essere operativo entro la fine della settimana. Restano quindi le criticità e salgono i casi di persone, mai rintracciate da Ats perché contatti stretti di positivi, che non possono effettuare il tampone.

Nelle ultime 48 ore, in particolare, si è verificata un’escalation preoccupante: da martedì pomeriggio il sistema informatico di gestione dei tamponi dell’Ospedale San Carlo di Milano è in tilt. Dopo circa 10 ore di fila, in piedi, al freddo, con gente costretta a urinare nei cespugli per non perdere il posto in coda, molti in attesa sono stati rimandati a casa. Ieri mattina, già dalle prime ore dell’alba, si era formata una nuova coda. Non è molto diversa la situazione all’Ospedale san Paolo, nei punti tampone di Trenno e davanti a tutte le farmacie del capoluogo lombardo.

Fuori dalla provincia la situazione cambia poco: code di auto a Monza al drive through per i tamponi destinati ai residenti, e a Dalmine (Bg), dove si effettuano test molecolari senza scendere dall’auto.

Intanto, come annunciato dal colonnello Fabio Zullino, comandante del Centro ospedaliero militare di Milano, nelle prossime ore arriveranno due squadre dell’esercito – una per Lodi una per Codogno – che allestiranno strutture mobili adibite a punti tampone. Mentre nella Regione che ama «la competizione tra pubblico e privato» soprattutto sulla Sanità, se si vuol fare un test pcr e ricevere il risultato in due ore si può: basta recarsi all’hub vaccinale di Malpensa e pagare 160 euro.