Un ingegnere e ricercatore universitario che studia nanomateriali (Alessandro Cannavale) e un saggista ed esperto di mafie (Andrea Leccese). A me piace il Sud, pubblicato da Armando Editore, è il libro in cui i loro differenti percorsi curriculari si fondono con la comune passione civile e politica. Il sottotitolo ci dice di Riflessioni, interviste e proposte sulla questione meridionale: perché non ci sono solo i due autori, ma una polifonia di punti di vista, competenze, sensibilità e temi in questo volume che individua gli scarti e, al contempo, intreccia fili tra passato, presente e futuro del Mezzogiorno. Prefazione affidata a Franco Arminio, anche lui peraltro tra gli intervistati (insieme a Erri De Luca, Cataldo Motta, Petra Reski e molte altre personalità tra scrittori, giornalisti, meridionalisti, scienziati, magistrati, attivisti, economisti…). Ne abbiamo parlato con Cannavale, che da anni, peraltro, sul suo blog ospitato da fattoquotidiano.it, racconta il Sud che non gli piace e che invece potrebbe essere.
Una «questione meridionale» esiste ancora. Partirei da qui, dal nucleo del vostro lavoro.
Il Mezzogiorno ha subito nel corso dell’ultimo ventennio, una sistematica rimozione dall’agenda politica, dimostrata, tra l’altro, dalla cancellazione della stessa parola Mezzogiorno dalla nostra Costituzione. Nel pieno furore federalista, il Sud, deprivato di risorse sempre più ingenti, ha visto accrescersi certi divari, come quello del Pil pro capite, tornato – a confronto col centronord – uguale a quello del secondo dopoguerra. La questione meridionale esiste senz’altro e, come dichiarato da Erri De Luca nel libro, è una questione nazionale. Ovviamente, non è più la stessa trattata dai primi meridionalisti (Nitti, Fortunato, Salvemini o Gramsci) e neanche quella fronteggiata da neomeridionalisti come Pasquale Saraceno. È complessa e disomogenea. Ma i divari persistono e sono gravi.
Uno strumento di riferimento importante che vi ha aiutato è stato il Rapporto Svimez 2015. Quello del 2017, però, sembrerebbe tracciare un ritratto del Sud più incoraggiante per il futuro. È così? Qualcosa si sta muovendo?
Rispetto al declino costante del settennato di crisi che ci lasciamo alle spalle, in cui il Sud ha perso circa il 13% del Pil e tantissime risorse in termini di competenze e qualificazioni, soprattutto tra i giovani, il recente segnale di ripresa dell’economia meridionale rappresenterebbe una chiara indicazione della sua «resilienza», e, va da sé, un’opportunità per tutto il Paese. Potrebbe aver influito la maggior quota di investimenti pubblici nel Mezzogiorno, e proprio una maggior dose di investimenti pubblici al Sud è da anni auspicata da economisti come Guglielmo Forges Davanzati: a suo avviso, infatti, attraverso effetti moltiplicativi, si attivano anche investimenti privati.
«Sud» sembra diventato anche una sorta di brand di un certo rivendicazionismo politico,  di una «narrazione» che può comprendere un ventaglio che va da Pino Aprile a Michele Emiliano. Perfino la Lega di Matteo Salvini è riuscita a trovare un suo spazio…
Con il suo Pensiero Meridiano, due decenni fa, Franco Cassano, se da un lato auspicava che il Sud diventasse finalmente soggetto di pensiero, metteva altresì in guardia rispetto al rischio concreto di cadere nella «trappola del fondamentalismo identitario». Il vittimismo retrospettivo, che retrodata le responsabilità dello status quo, rischia di risultare una comoda assoluzione pubblica nei riguardi delle generazioni di meridionali che hanno, tuttavia, permesso a classi dirigenti inette o malintenzionate di alimentare lo «sfasciume», per usare un termine caro a Giustino Fortunato. Noi siamo per una narrazione onesta del nostro Sud, parte del Paese e dell’Europa, non certo un campo per ospitare becere battaglie di stampo tardo-leghista. Tra l’altro, il nostro libro propone una tesi di fondo inconciliabile col revanscismo: il Sud, oggi, è una opportunità per tutto il Paese, sotto il profilo economico ed energetico.
E scrivete anche che «il Sud ha bisogno della potenza lirica del desiderio e del sogno». Certamente il paesologo Franco Arminio è tra coloro che cercano questo. Lei è stato recentemente al suo festival, «La luna e i Calanchi», ad Aliano. Cosa ha visto? Quale desiderio?
È una sfumatura lirica voluta, per dar seguito a quella fusione di politica e poesia auspicata dallo stesso Arminio. La visione del Sud che proponiamo è quella di un hub energetico delle fonti rinnovabili, che ribalta finalmente la visione dello «sfasciume pendulo sul mare» che emergeva dalle pagine di Fortunato. Lo storico Antonio Bonatesta ci ha dato dei «neonittiani»: una bella definizione che ci piace molto. Oggi il Sud può diventare un laboratorio di sperimentazione di nuove tecnologie, come Oled, smart window, fotovoltaico innovativo, case e vicinati a energia zero, Comunità dell’energia. Per farlo, occorre coinvolgere la cittadinanza partendo dal basso, cavalcando il coraggio di tanti sindaci giovani e coraggiosi. Non a caso, nel libro citiamo figure emblematiche e coraggiose come Angelo Vassallo e Rocco Scotellaro. Il festival organizzato da Arminio mi pare un modo nuovo di fruire del territorio e di coinvolgere persone di varia provenienza che diventano un collettivo eterogeneo e visionario: si alimenta il coraggio intramontabile delle utopie.
 Se i media  lo raccontano ancora troppe volte cristalizzandolo – come rimarcate – in stereotipi (crimine e arretratezza) e, perfino, caricature, dove cercare un Sud più reale?
Nell’opera degli attivisti ambientali, penso ai No Tap in Puglia o al lavoro di tanti intellettuali, magistrati (come Gratteri) e giornalisti che fronteggiano le mafie con coraggio. Gli intellettuali, ci piace ripeterlo, hanno il compito, oggi più che mai, di ridisegnare la «geografia degli scandali». Uno di questi, molto evidente, è la differente offerta di formazione universitaria, di servizi e di opportunità occupazionali per i nostri giovani, costretti a lasciare il Sud in numeri sempre più alti. Queste sono le pietre di inciampo che devono suscitare sdegno e rabbia in chi ami il Sud e il nostro Paese.



«A me piace il sud»
di Alessandro Cannavale e Andrea Leccese
Armando Editore
Pagine 144, euro 12,00