Marzo, mese della “convergenza delle lotte”? Contro Emmanuel Macron, il governo Philippe e la fretta delle riforme, si prepara una prova di forza con i ferrovieri, che si uniranno il 22 marzo alla giornata di mobilitazione nazionale di tutta la funziona pubblica. Ma nelle ferrovie uno sciopero lungo potrebbe iniziare a metà marzo, la Cfdt (sindacato riformista) è determinata, la Cgt minaccia uno sciopero anche di un mese: ieri sera, pero’, non è stata decisa nessuna data. All’origine della protesta, l’annuncio del governo di riformare le ferrovie, a cominciare dallo “statuto” dei ferrovieri, ricorrendo alle “ordonnances” per fare in fretta (procedura che richiede due voti al Parlamento, uno all’inizio e un altro alla fine, aggirando cosi’ il dibattito e evitando la navette tra le due camere). La decisione del governo è basata su un rapporto che ha messo in luce lo stato di crisi della Sncf (ferrovie dello stato), un debito di 46 miliardi, investimenti in calo, un servizio scadente. Lo “statuto” dei ferrovieri non è responsabile di questa situazione, che è una crisi di gestione che viene da lontano, ma il governo ha deciso di iniziare da questo: la battaglia si gioca anche sul piano dell’opinione pubblica e Macron fa la scommessa che oggi, a differenza del ’95 (più di un mese di sciopero e il governo Juppé costretto alla fine a ritirare la riforma), la popolazione non appoggerà più la protesta dei ferrovieri.  Il primo ministro, Edouard Philippe, cerca di far passare l’idea che i ferrovieri difendono dei “privilegi” accumulati grazie allo “statuto” che risale agli anni ’20 del ‘900. Cosi’, per i nuovi assunti varrà “il codice del lavoro” come per tutti gli altri lavoratori, mentre i dipendenti attuali conservano lo “statuto”: impiego a vita di fatto, biglietti gratis o con forti sconti per i famigliari, 112-132 giornate di riposo. La riforma per il momento non tocca le pensioni (fino al 2016, a 50 anni per i macchinisti, 55 per controllori e sedentari, che saliranno di due anni, a 52 e 57, entro il 2024), ma questa sarà la prossima tappa.

Per l’opposizione, la manovra del governo nasconderebbe delle intenzioni di privatizzazione. L’obiettivo ufficiale è adeguare il sistema ferroviario pubblico all’apertura alla concorrenza, operativa a fine anno. Lo stato, in cambio, azzererebbe il debito della Sncf, permettendo lo sviluppo della società. Il governo ha rinunciato ai tagli sui 900 km di linee che accumulano perdite (mentre la Sncf ha chiuso l’anno con 1,3 miliardi di utili).