I proiettili dell’Ar-15, sparati da vicino, non penetrano nel corpo umano. Lo devastano. Con l’effetto di una granata. L’Ar-15 è una variante civile di un fucile utilizzato dall’esercito americano. È l’arma a canna lunga più diffusa negli Stati uniti, dove ce ne sono in circolazione quasi dieci milioni.

È l’arma della strage di san Valentino nella Douglas High School di Parkland, Florida. 17 morti, 15 feriti. È l’arma di numerose altre stragi. Fu usata da Adam Lanza, quando uccise 26 persone, bambini e personale scolastico nella scuola elementare Sandy Hook nel dicembre 2012. Fu impiegata, insieme a una pistola, da Omar Mateen per massacrare nel giugno 2016 49 persone che si divertivano nel Pulse, il night club gay di Orlando.

E poi nella strage di San Bernardino, dicembre 2015, 14 persone uccise. Ad Aurora, in Colorado, nel 2012, dove morirono 14 persone. Sempre nel 2012 nella scuola elementare di Newtown, in Connecticut, 26 morti tra bambini e personale scolastico.

A Las Vegas, lo scorso ottobre, Stephen Paddock uccise 58 persone e ne ferì oltre 515, usando 23 fucili tra cui diversi 16 Ar-15 potenziati e trasformati in mitra.
L’Ar-15, lo puoi comprare con la massima facilità praticamente ovunque in America, in molti stati senza documenti, senza certificati sanitari e di buona condotta. Se, in quei pochi stati meno permissivi, non lo puoi acquistare in un negozio autorizzato, perché non hai 21 anni e non hai la documentazione richiesta, puoi sempre rivolgerti a un privato.
Un buco nella legislazione americana che la politica al potere non vuole colmare. Un buco nel quale s’è infilata disinvoltamente gran parte di stragisti. Come Nick Cruz, l’autore del massacro di Parkland. Giovani sotto i 25 anni sono responsabili di oltre il 50 per cento di tutti gli omicidi commessi con armi da fuoco e di parte considerevole di crimini collegati all’uso di pistole e fucili.

Anche per questo, oltre che oscenamente cinico, è insensato il commento di Donald Trump, quando stigmatizza in un tweet che «l’autore della sparatoria in Florida era mentalmente disturbato», e arriva ad addossare la responsabilità dell’eccidio alle vittime: «era stato persino espulso dalla scuola per comportamento aggressivo e irregolare. I vicini e i compagni di classe sapevano che rappresentava un grosso problema. Bisogna sempre segnalare tali casi alle autorità, in continuazione!».

Ma che altro può dire un presidente che ha ricevuto donazioni dalla lobby delle armi per oltre 30 milioni di dollari nella sua campagna elettorale? La stessa, la National Rifle Association, spese oltre sei milioni di dollari per un’offensiva pubblicitaria pro-Trump e anti-Clinton.

E Trump è stato il primo presidente dai tempi di Reagan, a rivolgersi alla riunione annuale dei dirigenti della Nra, lo scorso aprile, confermando l’impegno solenne a sostenerne gli interessi.

La destra, di cui Trump è alfiere, vuole «controllare la tua sessualità e la tua vita affettiva; controllare la tua facoltà di decidere quanti figli avere; controllare e tagliare i tuoi diritti alla sicurezza sociale; controllare la tua religione, essendo quella cristiana quella che deve comandare su tutte; controllare i media, diffondendo paura e odio; controllare le elezioni impedendo ai poveri di votare». Controlla quello che non deve e non può controllare della tua vita, come dice Occupy Democrats, ma non ha alcuna intenzione di controllare chi la tua vita può toglietela in un attimo.

Non far nulla per fermare il massacro quotidiano è una scelta politica che di tanto in tanto può essere solo scalfita dall’ennesima strage.

Il fatto è che ancora una parte consistente della società americana sostiene quella scelta. Non è facile capire perché una quota non trascurabile di americani pensi che sia la cosa preferibile addirittura dotare di armi i propri figli, anche piccoli, con l’idea che sia il modo migliore per difendersi da un eventuale attacco armato.

L’altra parte dell’America, che può anche risultare maggioritaria, specie all’indomani di un massacro, sembra incapace di farsi ascoltare, di fare breccia a Washington. Una delle ragioni è che la discussione, da parte democratica, per un eccesso di realismo politico, verte soprattutto sulle misure per contenere il possesso delle armi da fuoco. Pochi osano posizioni un po’ più radicali, e in effetti più realistiche, temendo di perdere voti in quei settori della popolazione, anche democratici, i cacciatori in particolare, che sono allergici a forme di controllo.

Né va sottovalutata la capacità propagandistica della lobby delle armi, che alle campagne classiche di persuasione associa forme sofisticate di diffusione di fake news contro le posizioni dei fautori del controllo delle armi. è una guerra in cui una parte è armata fino ai denti, metaforicamente e nei fatti, e un’altra combatte a mani nude.