Finito il traffico della via del Mare, lasciata alle spalle Roma e l’Eur, ecco la rotonda sul mare, proprio come ci si può immaginare quella di Fred Buongusto, che ci annuncia l’arrivo al lungomare di Ostia. Una striscia di spiaggia lunga alcuni chilometri che è un susseguirsi ininterrotto di stabilimenti, ben 56, con annessi ombrelloni e cabine, chioschi e ristoranti. Una striscia di spiaggia in cui si addensano attività economiche che producono milioni di euro e che fanno gola a molti, imprenditori “puliti” e criminalità organizzata. Alle spalle della spiaggia il X municipio di Roma, di fatto una città di medie dimensioni con i suoi 200mila e passa abitanti.

Stabilimenti dalle insegne appariscenti, più o meno popolari o di lusso, con nomi classici o esotici. Tra tutti spicca le Dune, di proprietà di Paolo Papagni, il cui fratello Renato è il potentissimo presidente dell’Assobalneari di Roma. Basta guardare la villa di famiglia ad Ostia per capire quanto siano potenti da queste parti. Nello stabilimento non solo ombrelloni e gelati, ma una spa, un ristorante di lusso e location per incontri d’affari. Di fronte a le Dune, il Polo Natatorio, ereditato dai Mondiali di nuoto 2009 ma mai utilizzato per l’evento sportivo, costruito senza bando grazie alla gestione emergenziale dei grandi eventi targata Bertolaso e messo successivamente sotto sequestro. L’ingegnere responsabile dei lavori è stato, guarda caso, proprio Renato Papagni.

Proprio attorno agli stabilimenti nelle ultime settimane si è scoperchiato un verminaio che non sarà più possibile ignorare per i cittadini e le istituzioni. Prima gli attacchi incendiari, a volte armi in pugno, che hanno distrutto il Glam, poi gli incendi appiccati al ristorante Anema e Core, al lido Nuovo Pineta e allo stabilimento Faber. Certo non è la prima volta e il racket non è una novità, ma l’intensità degli episodi fa accendere i riflettori sul mare di Ostia. Passano pochi giorni e uno tsunami travolge l’ufficio tecnico del municipio: rimossi su ordine di Ignazio Marino in persona i dirigenti “beccati” in intercettazioni quanto mai eloquenti con esponenti della criminalità organizzata, quel clan Spada protagonista di un regolamento di conti con pistole e coltelli fuori una bisca e di una maxi retata con perquisizioni e arresti. Oggetto del colloquio telefonico? L’assegnazione proprio di un chiosco sul lungomare. Coinvolti anche esponenti dell’ex maggioranza di centrodestra, ma anche Ferdinando Colloca, candidato con l’organizzazione neofascista Casapound e socio dello stabilimento Orsa Maggiore, fratello dell’ex consigliere Salvatore, prima Pdl poi Udc. Ieri mattina l’epilogo: proprio ad Ostia la prima indagine in cui viene utilizzato il 416 bis, l’aggravante di associazione mafiosa, ancora le mani sugli stabilimenti e la corruzione degli uffici pubblici, ma anche la spartizione e il controllo del territorio da clan della mafia.

Ad accompagnarci nel nostro tour i ragazzi della Scuola popolare Handala, occupata il maggio scorso a Piazza Gasparri. Parlano e raccontano con passione del loro quartiere e aprono la saracinesca della loro scuola: «Qui facciamo attività per bambini: recupero scolastico, feste e laboratori d’animazione, presentazioni. Ogni spazio culturale qua è stata una conquista, dalla riqualificazione dell’ex Colonia Vittorio Emanuele II al Teatro del Lido, passando per l’esperienza del centro sociale Vittorio». Hanno molto da dire su quello che sta accadendo sul litorale: «Non è certo una novità la presenza della criminalità organizzata, e gli intrecci con le istituzioni e l’economia “legale”. Però Ostia non è solo omertà, disagio sociale e criminalità, c’è una comunità attiva e solidale con una sua identità e una sua storia. Il problema è che le istituzioni invece d’investire nella cultura o nei servizi sono state complici del suo abbandono, e allora si aprono gli spazi per le mafie. Che speculano soprattutto sulle spiagge demaniali, in teoria pubbliche e con accesso libero, ma che invece vengono recintate e servite ai privati con concessioni lunghissime e poco trasparenti».
L’Handala si trova tra i lotti delle case popolari vicino al lungo mare, qui vennero deportati gli abitanti dei borghetti abusivi romani, qui la sinistra lidense ha sempre avuto le sue sedi, il Pci come l’Autonomia Operaia. «Fino a dieci anni fa era terra battuta – spiega un ragazzo indicando il parco di Piazza Gasparri – ora è un parco, uno dei Punti Verdi Qualità coinvolti nelle inchieste di corruzione. Ma a tenerlo pulito e vivo ci pensano solo i cittadini».

Riabbassata la saracinesca dell’Handala continuiamo il nostro viaggio sul lungomare. Il paesaggio cambia, dagli ombrelloni alla zona industriale dei cantieri navali, con le navi a secco e a pancia in su come balene spiaggiate, poi il porto turistico. Alla fine l’Idroscalo, una distesa multicolore di case abusive ad un piano, addossate l’una all’altra, giardinetti, cortili e parabole. Un insediamento storico che non è mai stato “normalizzato” dalle istituzioni. Ora l’Idroscalo deve essere sgomberato, una parte delle famiglie sono state già deportate nei residence tra Acilia e Laurentino, le case abbattute per fare spazio all’allargamento del porto, realizzato con soldi gran parte di privati. «Viviamo nella paura di essere cacciati ma non ce ne andremo – spiegano – siamo una comunità e non vogliamo finire nei residence che assomigliano a prigioni, con orari d’ingresso e di uscita».

Come sarà l’Ostia del futuro? Il sindaco Marino ha promesso dopo le inchieste di rimettere mano alle concessioni in maniera trasparente, ma la vera questione che la nuova amministrazione cittadina e municipale si trova di fronte è il progetto «waterfront». Un’idea vecchia, partorita da Veltroni e che negli anni è cambiata più volte fino ai deliri di Alemanno su isole artificiali, casinò e parchi divertimento. I progetti attuali puntano a rilanciare il polo turistico sul litorale romano: centri benessere, mega piscine, impianti di accoglienza turistica, passeggiate sul mare, centri commerciali. Migliaia di metri cubi di cemento sulle ultime dune di sabbia del litorale romano già saturo, progetti che al momento sembrano ad alto rischio d’infiltrazione mafiosa. È di questo che Ostia e i suoi cittadini hanno bisogno?