La riapertura di una dimensione europea dei conflitti e dei movimenti: questo l’obiettivo della tre giorni di assemblea a Madrid (19-21 febbraio), Plan B, contro l’austerità per una Europa democratica. Rimettere in movimento la sinistra europea, partendo da una agenda condivisa di mobilitazione, con un esplicito richiamo all’esperienza dei Forum sociali europei che iniziò a Firenze nel 2002.

Il documento conclusivo “chiama” anche una data di mobilitazione europea, il 28 maggio, data simbolica della Comune di Parigi.

La tre giorni ha nominato le proprie «genealogie» e insieme condiviso un posizionamento radicato nel tempo presente, nel pieno di questa crisi-ristrutturazione capitalistica: la scelta dello spazio europeo come terreno del conflitto.

L’idea di Europa, dunque, come oggetto di una lotta per l’egemonia: tra il neoliberismo che ha distrutto la vecchia Europa del welfare e la democrazia reale, il nuovo che può nascere dalla riapertura di un processo di politicizzazione di massa.

 

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Se l’Europa è oggi lo spazio in cui tradurre nel presente la «rivoluzione in Occidente», il nodo della costituzione di una forza politica europea che modifichi gli attuali rapporti di forza è ineludibile.

Non si può parlare di una democratizzazione dell’Europa senza la costituzione di un demos in una lotta di liberazione dall’austerità e dalla governance dell’Ue neoliberista e dei suoi dispositivi. Né si può sovrapporre il nodo del potere e dei poteri – di cui i popoli europei sono progressivamente espropriati – con quello del governo, a maggior ragione nell’epoca della fine del compromesso tra capitalismo e democrazia determinata dal neoliberismo, carta costituzionale di questa Ue e dei suoi piloti automatici.

Nodo spinoso per la sinistra europea, a partire dalla Grecia e dalla Spagna, e per la sinistra italiana, che ha già ampiamente sperimentato le conseguenze dell’essere sinistra di governo senza «il potere di cambiare».

La proposta politica di Madrid mette al centro la lotta alla austerità e alla «debitocrazia» (Eric Toussant e Zoe Kostantopoulou tra gli interventi): l’audit sul debito sperimentato in Grecia dalla commissione parlamentare non solo non va interrotto ma va esteso almeno ai paesi del Sud.

[do action=”citazione”]In sintesi, il documento conclusivo ribadisce l’illegittimità del debito e la necessità della sua ristrutturazione; propone la disobbedienza ai trattati e il rifiuto di altri «sacrifici per l’euro».[/do]

Centrali la connessione con la mobilitazione contro i trattati di commercio (Ttip, Tisa, Ceta), come hanno ribadito John Hillary e Susan George, e la necessità della lotta alla xenofobia istituzionale della fortezza Europa.

Finalmente in un incontro della sinistra europea la prospettiva femminista è stata fondativa (e non solo uno specifico), con una propria agenda e trasversale a tutti gli assi di lavoro: autodeterminazione e autogoverno, partire dai corpi e dalle città resilienti (presenti le esperienze di Barcellona in comune e Valencia) per disegnare un’altra Europa.

A Madrid c’erano esponenti del Gue e della Sinistra Europea, (tra gli altr@, di Izquierda Unida, Podemos, Linke, l’Altra Europa), di realtà di movimento (da Blockupy ad Attac), rappresentanti di municipalità, ricercator@, attivist@. Tra i principali protagonisti anche Yanis Varoufakis, col suo progetto DiEm, lanciato a Berlino lo scorso 9 febbraio. Non c’era invece Melenchon anche se non sono mancati contributi alla discussione a partire dal manifesto parigino.

A Madrid, dunque, si è aperto un percorso unitario dal basso, di convergenza e connessione di diversi percorsi attivi sullo scenario europeo, che intende territorializzarsi.

Credo sia fondamentale costruire un percorso di continuità anche in Italia. Se la sinistra italiana non vuole rinchiudersi in un partito centrato sullo spazio nazionale e senza una prospettiva chiara sull’Europa, raccogliere la sfida aperta a Madrid è di fondamentale importanza.

La costruzione di una soggettività dell’alternativa in Italia non può non assumere la prospettiva europea come fondativa e quindi l’alterità, la rottura con le forze che sostengono l’UE neoliberista, comprese il Pse e il Pd: una sfida questa alla base dell’esperienza dell’Altra Europa.

Una sinistra politica e sociale che si ponga realmente il problema del cambiamento non può relegare il nodo della efficacia nel mantra della sinistra di governo, ma deve riattivare quel processo di politicizzazione di massa di cui lo spazio europeo – e in particolar modo quello italiano – ha un disperato bisogno.

Unire e connettere le diverse forme del fare politica e del fare società oggi è una sfida che non ammette scorciatoie politiciste o fintamente innovative; ma il lavoro difficile di unire ciò che il neoliberismo ha diviso è l’unica alternativa all’Europa della barbarie neoliberista. Madrid chiama Roma, stay tuned.

* Eleonora Forenza è parlamentare europea del gruppo GUE/NGL