Con l’insediamento delle nuove giunte comunali, inizia oggi a prendere forma il cambio politico profilato dal voto amministrativo dello scorso 24 maggio. Per completare la composizione dei parlamenti regionali manca ancora qualche giorno, ma alcuni fondamentali patti sono già stati sanciti, e la situazione generale pare, nel complesso, abbastanza definita e dovrebbe confermare, dopo 3 settimane di trattative, le cruciali indicazioni uscite dalle urne: innanzi tutto il Pp è definitivamente ridotto a un’inedita marginalità politica, che sta creando scompiglio tra le sua fila. Per la prima volta l’assetto del governo traballa, e il premier Rajoy, che dice di volersi ripresentare alle politiche di novembre, sta pensando ad un rimpasto in extremis per evitare una rovinosa disfatta anche sullo scenario nazionale. Il Psoe deve fare i conti con un risultato elettorale mediocre, che almeno in termini numerici, conferma il calo di consensi incubato già al tramonto del secondo governo Zapatero.

In questo caso, però, l’aritmetica e gli assetti postelettorali – sbilanciati verso sinistra – salvano l’esito incolore delle urne, compensato dagli spazi di potere che il Psoe occuperà nella varie e vitali alleanze di governo con Podemos. Il partito di Iglesias e Ciudadanos, le due dirompenti novità che hanno incrinato le trentennali geometrie bipartitiche spagnole, si sono confermati nel loro ruolo di protagonisti: Podemos, come ormai rodato motore di cambio; Ciudadanos (C’s) nella delicata parte di ago della bilancia, che per la sua malleabile essenza ideologica (che comunque tende a destra) può pendere verso l’area conservatrice o quella progressista.
Madrid e Andalusia, sono l’emblema della disinvoltura politica del partito di Rivera: nella regione della capitale C’s ha pattato con i popolari, mentre in Andalusia l’appoggio è andato a Susana Díaz del Psoe, sbloccando una situazione che era in stallo da marzo. Quasi ovunque, in ogni caso, ci saranno governi di minoranza, retti da accordi che nell’area di sinistra sembrerebbero aver retto ai distinguo e alle affermazioni identitarie, messe da parte con l’obiettivo comune chiudere all’angolo i popolari.

Una missione compiuta brillantemente a Barcellona a Madrid: come previsto il municipio della capitale catalana andrà ad Ada Colau (Barcelona en Comú) che dovrebbe ricevere – ma si saprà definitivamente solo oggi – l’appoggio di Erc, dei Socialisti catalani e di uno dei tre consiglieri degli indipendentisti della Cup. Manuela Carmena (della lista partecipata da Podemos Ahora Madrid) sarà invece il nuovo sindaco dei madrileni, dopo quasi 30 anni di governo del Pp. Carmena governerà grazie all’appoggio esterno dei socialisti, che hanno saggiamente declinato le grottesche profferte di alleanza dell’ultraliberista candidata popolare Esperanza Aguirre. L’asse Podemos-Psoe ha ottenuto buoni risultati anche a livello regionale: in Castilla La Mancha e in Extremadura il Pp cede il posto ai socialisti che governeranno proprio con l’appoggio della formazione viola. Il Pp resiste invece nel vitale ganglio politico della Comunidad de Madrid, che sarà presieduta dall’ex prefetto Cristina Cifuentes: fondamentale in questo caso il laborioso accordo con Ciudadanos, che ha sbarrato la strada alla presidenza socialista dell’ex ministro dell’Istruzione Ángel Gabilondo. Si conferma anche l’altro fondamentale ribaltone annunciato dal voto di maggio: la roccaforte popolare di Valencia, dopo più di due decadi, cambia di segno sia a livello municipale sia regionale: il prossimo sindaco sarà Joan Ribó di Comoprmís (una sorta di precursore locale di Podemos, che unisce comunisti ecologisti e nazionalisti di sinistra), mentre la regione andrà al socialista Ximo Puig.

Intanto all’interno di Podemos, in vista delle politiche, si è avviato un intenso dibattito sull’apertura del partito. Alcuni dirigenti hanno firmato un documento che contesta, senza nominarlo, la linea di Pablo Iglesias: il testo chiede una svolta verso un modello di partito più partecipativo, più vicino alle origini e ai militanti (in polemica con la priorità data alla presenza mediatica) e più aperto alla cooperazione con le altre forze di sinistra. In effetti, data l’imminenza delle elezioni generali, un’apertura di Podemos a una candidatura unitaria in funzione anti-Pp (con la partecipazione soprattutto di Izquierda unida), potrebbe essere la chiave d’accesso al governo del paese.