Ora in casa Pd sperano nell’arrivo di Matteo Renzi e nell’effetto trascinamento che il leader vittorioso potrebbe dare al candidato dem Marco Ruggeri. Perché la paura di perdere Livorno c’è. Non tanto per il ballottaggio, che era dato per certo da settimane, quanto per l’incredibile forbice registrata fra il voto alle europee e quello per Palazzo Civico. In percentuale sono diciassette punti, dal 52,7% al 35,3%, che equivalgono a quasi 15mila elettori. Passati dalla preferenza al partitone tricolore su una scheda, a un voto diverso sull’altra. Tutto nel giro di pochi secondi.

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La schizofrenia nella manifestazione del consenso al partito che, a torto o a ragione, viene visto come quello che regge il governo della città dalla Liberazione in poi, preoccupa i dirigenti democrat ancor più di quanto accadde lo scorso anno, quando alle politiche l’arretramento del Pd fu limitato a circa otto punti percentuali rispetto alla precedente consultazione. C’è chi butta acqua sul fuoco, come il responsabile toscano enti locali del Pd Stefano Bruzzesi: «Sono sicuro della vittoria di Marco, e comunque il risultato non è stato drammatico, è sempre il 40% contro il 20%». C’è però chi osserva che l’avversario di domenica 8 giugno non è un Cinque Stelle scapigliato, piuttosto richiama al parmense Federico Pizzarotti. Una somiglianza che contribuisce ad agitare ancor di più il Pd labronico.

I timori sono acuiti dal fatto che il giovane ingegnere aerospaziale Filippo Nogarin ha condotto una campagna elettorale poco gridata e molto concreta. Su un programma che per alcuni versi – non tutti – richiama quelli delle uniche due forze politiche livornesi andate bene. Per prima la coalizione di sinistra modello Tsipras guidata da un altro giovane, Andrea Raspanti, capace nel giro di tre mesi di formarsi e di conquistare quasi 14mila elettori per un 16,3% di tutto rispetto, e di grande entusiasmo. A seguire la «Città diversa» di Marco Cannito, che nel 2009 fu sostenuto dallo stesso Beppe Grillo e che, sia pure in voluto isolamento, ha rastrellato un pacchetto di quasi 5mila voti (il 6,3%) che gli valgono il terzo ritorno in consiglio comunale.

Apparentamenti non ce ne saranno. Marco Ruggeri, 40 anni, turnista allo stabilimento Eni di Stagno ed ex segretario sia del Pd locale che di quello toscano, ha voluto sottolineare: «Per me il riferimento sono i cittadini che sono chiamati non a scegliere fra due coalizioni, ma fra Ruggeri e Nogarin». Esplicito anche Nogarin: «Non faccio apparentamenti di nessun tipo, perché non appartengono al nostro modo di fare politica. Siamo per il dialogo trasparente e chiederemo il voto direttamente ai cittadini. Poi se le altre forze politiche intendono dare indicazioni di voto, noi non entriamo nel merito che riguarda solo loro».

Occhi puntati naturalmente su Andrea Raspanti e la sua coalizione – Buongiorno Livorno, Amiamo Livorno, Un’altra Livorno (con Alba e Unione Inquilini) e Sinistra unita per lavoro (con Rifondazione) – che ieri notte si è riunita in una prima assemblea per decidere cosa fare. Partendo da un paio di certezze: «Non daremo indicazione di voto per il Pd – avverte Raspanti – e certo non avrò alcun ruolo nella giunta, comunque andrà noi saremo all’opposizione. Saranno le assemblee a decidere che cosa fare, a fine settimana potremmo fare una dichiarazione ufficiale, per il momento è indispensabile non tradire la nostra vocazione di sinistra».

In questo contesto, ai 5 Stelle non sarà piaciuto l’endorsement della storica esponente della destra labronica Marcella Amadio, che per giunta non sarebbe eletta con la vittoria di Nogarin. Comunque non sarà decisivo quel campo, visto che al massimo in consiglio comunale ci saranno solo Amadio e la forzista Elisa Amato. Il futuro di Livorno si decide a sinistra.