Il Portogallo è stato durante i mesi della pandemia uno dei paesi che ha dimostrato maggiori capacità di contenere il contagio. Gli ospedali in realtà si erano preparati a un’ondata decisamente maggiore che poi non si è realizzata. A ieri i casi totali confermati sono stati 39.392 e i morti 1534. Numeri molto ridotti insomma se comparati all’Italia.

LE REGOLE DEL LOCKDOWN sono state quindi incomparabilmente più leggere di quelle adottate nella penisola, o, per esattezza, sono (state) simili ma applicate con meno severità. Eppure qualche cosa è andato storto nella fase di de-confinamento e nelle ultime settimane nella grande Lisbona la diffusione del virus ha ripreso a crescere in modo consistente: in tutto il paese 6 morti e 345 casi, di cui l’80% nella capitale. Nelle fasi iniziali di questo contro-ciclo si è comunque deciso di continuare con la riapertura, sperando che la cosa rientrasse, poi ci si è accordi che gli ospedali cominciavano a esaurire la disponibilità di posti e il 17 giugno l’ospedale militare di Belém ha dovuto essere riaperto per dare un appoggio.

COSA STA SUCCEDENDO quindi? Il Covid si è mosso rapidamente percorrendo le strade aperte dai commerci internazionali e ha colpito molto duramente lì dove non esistevano sistemi sanitari efficienti. Ora il movimento ha caratteristiche apparentemente differenti. Il virus sembrerebbe propagarsi non tanto nelle zone ad alto livello di scambio commerciale, ma quelle più povere.

Il Portogallo paese alla periferia dell’Europa, isolato dalla Spagna, con le reti turistiche ermeticamente chiuse e con un basso tasso di popolazione per km quadrato ha goduto di alcuni vantaggi ineguagliabili. Ora però sono i quartieri ad alta densità, i bairros come li chiamano da queste parti. Ecco, dicevamo, la povertà, la necessità di lavorare, gli appartamenti sovraffollati e quindi poco vivibili. Perché se sei precario al lavoro ci vai comunque, perché di sussidi no ne hai e anche se ti prendi il Covid cerchi di fare finta di niente augurandoti che nessuno se ne accorga perché nessuno ti aiuta. È stato l’ospedale Amadora Sintra, che raccoglie l’utenza dei quartieri ad alto tasso di immigrazione soprattutto dall’Africa, a raggiungere per primo e per la prima volta dall’inizio della pandemia, i suoi limiti.

COSÌ, DI FRONTE AI NUMERI in salita si è tentennato per giorni, ma alla fine il governo guidato dal socialista António Costa è dovuto intervenire: restringere nuovamente la libertà di movimento per limitare il diffondersi del contagio. Al momento le misure sono relativamente blande. Si tratta di ridurre l’assembramento delle persone, chiudere bar alle 20 e i ristoranti alle 22. Quel che in realtà si sta facendo è di cercare di fare rispettare le regole già esistenti, aumentando i pattugliamenti e le multe. Il provvedimento riguarda solo quelle zone dove la pressione del contagio è più forte. Lo stato di calamità riguarderà quindi solo una circoscrizione della città di Lisbona – il 4% della popolazione della capitale – e gran parte delle circoscrizioni periferiche della città metropolitana tra cui appunto Amadora, Odivelas, Loures e Sintra.

La situazione insomma appare difficile ma non irrisolvibile, quanto basta però per scatenare l’allarme dentro e fuori il paese. Dopotutto in un mondo sull’orlo di una crisi di nervi e che in realtà non sa bene che strada prendere per gestire la convivenza con il Covid in assenza di un vaccino, l’impatto mediatico è stato fortissimo.
Un’ennesima inversione di tendenza come ce ne sono in Spagna, Germania, Cina e quindi un ritorno dell’incubo. Anche perché in qualche modo si supponeva una seconda ondata, ma solo per settembre, e in fondo ci si pregustava un rapido ritorno alla normalità e a un’estate tranquilla.

E INVECE NO. È un virus bastardo perché semina zizzania e polarizza gli animi. Si cerca un colpevole nell’altro, un capro espiatorio. Il Portogallo passa a essere considerato dalla comunità internazionale un pessimo alunno. Sono una decina i paesi che hanno deciso di adottare misure restrittive contro l’entrata di cittadini portoghesi. Divisioni in un Europa che forse sarebbe meglio si concepisse divisa in zone ad alto e basso contagio che non in primi o secondi della classe (basti solo pensare al conflitto che ha opposto in Italia la Lombardia a tutte le altre regioni). Il rischio quindi non è solo che si riempiano gli ospedali, per il momento la mortalità è, come già detto, bassa, ma che la diffidenza la faccia da padrona e che ci si ritrovi a un punto in cui sarà difficile mediare.