Ci fu chi -con un’enfasi anti-nintendiana che va di moda come i pantaloni che cascano lasciando intravedere mutande firmate- decretò spacciato sul nascere il 3ds, la nuova console portatile della grande N che uscì nella primavera del 2011. Il costo eccessivo, le tre dimensioni, il crescente successo dei giochini per smartphone e la mancanza iniziale di grandi titoli indussero al pensiero che questa volta Nintendo avesse fallito proprio laddove sempre eccelse: l’invenzione di dispositivi mobili per videogiocare, dal Game Boy fino al Ds. Inizialmente il 3ds fu davvero un flop, e si prospettavano scenari tragici sul futuro dei creatori di Super Mario. Dopo poche settimane il prezzo del 3ds, che affollava invenduto gli scaffali, calò drasticamente grazie ad uno spericolata, pericolosa, disperata e nipponicamente umile ed eroica inversione di rotta. Dopo qualche mese cominciarono ad arrivare i videogiochi, iniziando dal remake in 3d del memorabile Legend of Zelda Ocarina of Time uscito a suo tempo per Nintendo 64, l’opera che cambiò per sempre la storia dei videogiochi. Malgrado l’eccellenza della trasposizione di un videogame già superlativo a priori, una parte del pubblico e della critica pensò che Nintendo fosse tornata sugli antichi capolavori per mancanza di fantasia e cupidigia. Successivamente giunsero rari e superbi gioielli che amplificarono le vendite e l’amore della stampa specializzata e degli appassionati: da Mario Kart 7 a Resident Evil Revelations, da Kid Icarus a Kingdom Hearts 3D.

Oggi sono diffusi milioni e milioni di 3ds e questa piattaforma si può considerare la migliore console esistente per la qualità dei videogame che ospita, paragonabile solo alla Playstation 3 degli ultimi due anni. Il 2013 del 3ds è stato una continua meraviglia: Luigi’s Mansion 2, Fire Emblem Awakening, Monster Hunter Ultimate, Animal Crossing New Leaf, Mario & Luigi Dream Team, Bravely Default e, soprattutto, Legend of Zelda A Link Between Worlds, seguito spirituale e rivoluzionario di A Link to The Past, che uscì nel 1992 per quell’insuperata scatola degli incanti che fu il Super Nes.

A Link Between World è un videogame sul ricordo, che gioca con la storia della saga ma soprattutto con la memoria della generazione che l’ha vissuta. Milioni di persone hanno giocato nel tempo A Link To The Past e a questo popolo di “viaggiatori” A Link Between World causerà le emozioni più potenti, sebbene sia anche un ideale punto di partenza per un neofita.

L’intreccio sentimentale con l’esperienza di chi intraprese e portò a compimento l’avventura di A Link to The Past non relega tuttavia l’ultimo Zelda entro i confini dell’operazione nostalgica perché è proprio quando la nuova Leggenda abbraccia i ricordi del giocatore che, nello stesso tempo, gli sussurra un addio, scagliandolo con forza in un imprevisto, misterioso e quasi spaventoso futuro. Una cosa che ogni fittizia avventura -che sia letteraria, cinematografica o virtuale- dovrebbe fare, causando sgomento, timore e desiderio in chi vi è coinvolto.

Per salvare ancora una volta il mondo dal male Link viaggia da Hyrule al tetro universo parallelo di Lorule grazie ad un affascinante potere: quello di trasformarsi in una affresco che gli fa utilizzare la superficie di mura, legni e roccia per muoversi in una dimensione bidimensionale e penetrare strani varchi. Ma le possibilità sono molte e questo potere sarà fondamentale per procedere nel gioco con un utilizzo vario che richiede immaginazione, logica e creatività. Inoltre ci è concessa una libertà d’esplorazione inedita che alimenta il senso di incertezza e scoperta. C’è anche una delle missioni secondarie più esaltanti e gratificanti della saga cominciata nel 1986 : ritrovare tutti i 100 cuccioli di Maiamai, tenerissimi pseudo-paguretti, sparsi per i due mondi.

“Vedendo posti mai visti, attraverso una porta spalancata su una vita già vissuta”, cantarono gli Ultravox nel 1984 in Man of Two Worlds. Involontaria sintesi poetica e musicale, dal passato, di Legend of Zelda a Link Beetween Worlds.