«Per quanto mi riguarda, la proiezione digitale è la morte del cinema. Non importa su che supporto un film sia stato girato – il fatto che oggi si proietti quasi solo digitalmente significa che la guerra è perduta. Che il cinema come lo conosco io è finito». È stato lo stesso Thierry Fremaux a offrire al suo ospite, Quentin Tarantino, lo spunto per cominciare la conferenza stampa con una lieve nota di polemica. «Pulp Fiction, è l’unico film proiettato in 35mm quest’anno a Cannes», ha precisato il direttore del festival presentando il regista americano, qui con la doppia mansione di celebrare i vent’anni di Pulp Fiction (Palma d’oro nel 1994) e introdurre il film della chiusura, Per un pugno di dollari, di Sergio Leone.

«Il digitale è un bene per i registi che devono cominciare, perché permette loro di fare un film con pochissimi mezzi. Ma è una decisione che per un regista affermato proprio non capisco», ha detto ancora Tarantino che non ha solo ribadito la sua devozione totale nei confronti della pellicola, ma – andando oltre la questione della scelta estetica – ha messo l’accento su un problema più fondamentale: cosa si perde se le sale (o i festival o i musei) non offrono più la possibilità di presentare un film in celluloide. «Se danno al cinema una copia in 35mm di Fino all’ultimo respiro, per me vale la pena di uscire. Se è digitale, mi va benissimo l’edizione Criterion che ho a casa. Perché uscire per andare a vedere della tv?»

«Non sono qui per salutare il cinquantenario della nascita dello spaghetti western quanto quello della nascita del genere del cinema d’azione», ha detto ancora Tarantino, ricordando che prima di Leone e Sergio Corbucci (a Hollywood) montare una sequenza d’azione sulla musica, era essenzialmente un’anomalia. No, non crede che la sua affinità con il cinema popolare italiano sia una questione di Dna, «quello che sento vicino è piuttosto il gusto operatico del cinema italiano, la sua aspirazione formale.

Persino il più crudo prodotto di genere porta in sé un’illusione di grandiosità. È quella sfrontatezza che mi piace». Ancora indeciso sul destino di The Hateful Eight, la sceneggiatura a cui sta lavorando (potrebbe diventare un film, un libro o uno spettacolo teatrale), Tarantino non crede nelle multiple versioni di uno stesso film, nei director’s cut distribuiti in dvd («in Usa il mio director’s cut è quello che esce in 3.000 sale»), ma avendo a disposizione novanta minuti non utilizzati di Django Unchained sta valutando la possibilità di trasformarlo in una miniserie di quattro episodi di un’ora.