La carta stampata annaspa ovunque, dal ’90 a oggi si sono perdute per strada quasi tre milioni di copie (il 45 per cento), i giornali passano da uno stato di crisi all’altro e il guru a cinque stelle Casaleggio ne profetizza la scomparsa entro il 2027.

A Latina, invece, da un giornale in pessime acque ne germogliano addirittura tre. È il paradosso creato dal «big bang» della galassia Ciarrapico, che ha lasciato dietro di sé scorie, veleni e un polverone non facile da diradare. In palio c’è un’eredità composta di diecimila lettori, quel che resta dei fondi per l’editoria dopo i sequestri giudiziari e gli scandali legati alla precedente gestione (per la quale l’ex senatore Pdl e una decina di «teste di legno» e «prestanome» sono sotto processo), nonché l’influenza politica su un territorio da sempre considerato feudo della destra e oggi alla ricerca di nuovi equilibri politici.

Non c’è da meravigliarsi, dunque, se dietro questa storia si agitano poteri emergenti affatto nuovi ma in cerca di ricollocazione e diatribe tra vecchi padrini politici. A cominciare da quella tra il potente senatore forzitaliota di Fondi, Claudio Fazzone, e il «ras delle acque minerali» nonché delle cliniche ciociare Giuseppe Ciarrapico, fascista nostalgico e andreottiano convinto ai tempi della Prima Repubblica, convertito al berlusconismo nella Seconda e padre-padrone dell’editoria locale. Fu il primo, infatti, con un esposto alla procura di Firenze, a far partire un’indagine che porterà la procura di Roma a incriminare il compagno di scranno in Parlamento per una maxi-truffa all’editoria: in un decennio abbondante, attraverso un sistema di prestanome e scatole cinesi, una trentina di milioni del contributo pubblico al sostegno della stampa indipendente e cooperativa avrebbero preso tutt’altre strade.

Latina Oggi, il giornale che Ciarrapico governava attraverso un suo uomo, Antonio Riccardi, fu sequestrato. La direzione e i giornalisti, per non soccombere alla truffa che aveva coinvolto i proprietari, si misero alla ricerca di un editore che potesse rilevarlo. L’operazione andò in porto e, nell’ottobre del 2012, la procura di Roma cedette il giornale a un imprenditore pontino, Antonio Palumbo.

«Non sapevamo cosa ci aspettava – racconta l’allora amministratrice Sandra Capozzi – i magistrati ci avevano assicurato che avremmo rilevato una società pulita. Invece, quando dopo qualche mese siamo riusciti a ricostruire l’intera contabilità, ci siamo trovati di fronte a svariati milioni di debiti».

[do action=”citazione”]La realtà, insomma, non corrispondeva a quanto dichiarato nei bilanci[/do]

Rimanevano i soldi dell’editoria, un milione e mezzo per il 2012. Anche in questo caso però la cifra è risultata virtuale. Era infatti accaduto che Riccardi, prima di lasciare la poltrona di direttore amministrativo della Nuova Editoriale Oggi (Neo) che editava il giornale, fosse riuscito a far pignorare una parte del finanziamento pubblico alla società vantando il pagamento di alcune consulenze a una sua società: la Nuova Compagnia Pubblicità (Ncp). Appena insediata, Capozzi si è rivolta alla magistratura sottolineando le numerose incongruenze.

In definitiva, era accaduto che Riccardi, nel mentre si ritrovava accusato di truffa ai danni dell’editoria, aveva chiesto dei soldi di cui si riteneva debitore (attraverso la concessionaria di pubblicità che controllava insieme al fratello e a un’agenzia letteraria di sua proprietà che curava la distribuzione) alla società che dirigeva. Il Got di Terracina, un avvocato in pensione che, come giudice onorario, non avrebbe potuto decidere su questioni che superano i 60mila euro, gli aveva dato ragione inaudita altera parte assegnando ai ricorrenti 631 mila euro, e il direttore amministrativo si era ben guardato dal fare opposizione a un decreto che, da debitore, aveva richiesto.

Oltre che per il palese conflitto di interessi di quello che i magistrati consideravano una «testa di legno» di Ciarrapico, la nuova amministratrice di Latina Oggi aveva segnalato la stranezza delle fatture emesse dalla concessionaria pubblicitaria dopo il ricorso e non prima e chiesto al Dipartimento per l’Editoria di Palazzo Chigi di non pagare, attendendo l’esito del ricorso che nel frattempo aveva presentato ai magistrati. Anche perché, sottolineava, lo stesso Riccardi era contemporaneamente sotto processo per una questione che riguardava proprio i fondi dell’editoria.

A Palazzo Chigi però non aveva trovato orecchie disponibili all’ascolto. Così, quando il 12 agosto 2013 il tribunale di Latina ha accolto la richiesta di sospensione dei pagamenti, la cassaforte era già stata svuotata. Per una curiosa coincidenza, appena quattro giorni prima il Dipartimento per l’Editoria aveva infatti provveduto a versare 451 mila euro alla Ncp (Nuova Compagnia Pubblicità) di Riccardi, 3.267 euro all’agenzia letteraria Nike di proprietà di Riccardi e 57 mila 982 euro direttamente a Riccardi, come confermerà lo stesso Dipartimento solo qualche mese dopo all’editore pontino che insistentemente chiedeva spiegazioni. «In questo modo lo stato ha elargito denaro a soggetti che lo stato stesso ritiene lo abbiano truffato», spiega l’ex vicedirettrice di Latina Oggi Graziella di Mambro.

Non solo. 24.337 euro vengono saldati a un’altra persona coinvolta nell’inchiesta della procura di Roma, Anna Gaetana Pascale, e a ottobre, nonostante il tribunale abbia ingiunto la sospensione dei pagamenti, tutti ottengono il saldo degli interessi, 6.662 euro alla sola Ncp.

Nel frattempo Latina Oggi, non più di Ciarrapico, è costretta a portare i libri in tribunale.

La sentenza dei giudici pontini è un altro pasticcio: il settimanale L’Espresso la definisce «copia e incolla» perché alcune frasi sono letteralmente prese da un analogo provvedimento per il fallimento di un consorzio navale, la Italcraft di Gaeta. Le ironie si sprecano e a chiudere la vicenda interviene perfino l’Anm locale: «È stato un mero errore materiale». I nuovi amministratori, che avrebbero voluto un concordato preventivo per azzerare i debiti e ripartire, sono sconfitti e abbandonano il campo.

Il direttore Alessandro Panigutti, con Di Mambro e gli ex giornalisti, invece non si arrendono. Cambiano il nome della testata in Oggi Latina e, quando il curatore fallimentare decide di sospendere le pubblicazioni, alla fine di febbraio scorso, tornano in edicola, in abbinata con Il Tempo come il giornale precedente. Ma il curatore non ci sta e chiede lo stop delle pubblicazioni perché la nuova testata è troppo simile alla precedente. Gli ex dipendenti di Ciarrapico decidono così di azzerare tutto e ripartire: nuova società e nuovo giornale, che si chiama Il Quotidiano di Latina ed esce sempre con Il Tempo. Ma senza riuscire a sfuggire a quella che ritengono una «persecuzione» nei loro confronti: il curatore chiede ancora una volta la sospensione delle pubblicazioni perché dietro il nuovo nome si nasconde la vecchia redazione del giornale fallito. «Certo che siamo noi, ma non abbiamo più nulla a che vedere con la società fallita. Cosa si vuole, che scompariamo? La verità è che si vuole smembrare un gruppo di lavoro scomodo, che ha fatto e continua a fare inchieste sulla mafia e la politica», sostengono i diretti interessati.

Girandola di editori mascherati

Al di là della loro opinione, ciò che conta è quel che accade attorno alle spoglie del giornale di Ciarrapico. Sfruttando l’assenza dalle edicole, nasce on line una testata giornalistica che pirata Latina Oggi. Si tratta del ramo pontino di una “federazione” di testate giornalistiche locali sul web, Oggi notizie, con sede a Genova. Il curatore fallimentare non si oppone alla pubblicazione per un motivo banale: Ciarrapico e soci si erano dimenticati di registrare la testata. Un errore da principianti, forse dettato dalla convinzione che nessuno avrebbe mai osato togliergliela di mano.

Ma allora, perché prendersela con i vecchi redattori che volevano ripartire con un nome analogo?

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Accade anche dell’altro. Il primo agosto esce un nuovo quotidiano, Il Giornale di Latina. I proprietari, l’imprenditore Antonio Lupetti e la giornalista Enrica Arcangeli, sono reduci da un’altra impresa editoriale: il free press settimanale Io spio, del quale il primo era amministratore delegato e la seconda direttrice (la pubblicità era invece procurata dall’agenzia Visibilia di Daniela Santanché). La testata era di proprietà del gruppo Farina (proprietario di tipografie e stampatore, tra  gli altri, di questo giornale e del Fatto quotidiano, ndr), ma dietro il quotidiano aleggiava la figura di Luigi Bisignani: in una telefonata intercettata dai magistrati napoletani che indagavano sulla loggia P4, il titolare Vittorio si sentiva chiedere dal faccendiere, ex piduista, già condannato per la maxitangente Enimont negli anni ’90 e di recente coinvolto nella vicenda delle tangenti Eni in Nigeria: «Ma quanto stampiamo?» A pubblicare Il Giornale di Latina è ancora una volta Farina, e i rivali del Quotidiano hanno titolato in maniera eloquente un articolo sul suo “editore mascherato”: «Lo sbarco di Bisignani».

[do action=”citazione”]Sulla giostra di quotidiani allegati a «Tempo» e «Giornale» indaga anche la procura di Roma[/do]

 

Da Io spio all’eredità dell’ex Latina Oggi, non è facile capire quali interessi e lotte di potere siano in gioco. Scrive il Quotidiano: «La provincia di Latina è un luogo che da sempre si lascia raccontare e rivela ogni giorno storie diverse. Anche sul piano politico vive un momento particolare. Il potere del gruppo Fazzone-Cusani (quest’ultimo è l’ex presidente della Provincia, anch’egli di Forza Italia) appare sgretolarsi, mentre forze da sempre all’opposizione come il Pd stanno assumendo un ruolo di forza inedito per la cosiddetta provincia nera. Non c’è più un blocco granitico, ma un magma confuso, in movimento. In questo contesto il nuovo gruppo editoriale può contare su una rete di rapporti che portano lontano, nei palazzi romani che contano».

Come che sia, sta di fatto che, da un giorno all’altro, Il Tempo ha dato il benservito ai “vecchi” giornalisti del Quotidiano di Latina per veicolare il nuovo Giornale di Latina. I primi, presi alla sprovvista, hanno dovuto reinventarsi ancora una volta: si sono accordati con Il Giornale e ora escono in edicola insieme all’house organ del berlusconismo.

Ma la parola fine di questa ingarbugliata storia non è ancora stata scritta: il curatore fallimentare di Latina Oggi vuole tuttora chiudere il Quotidiano, i redattori annunciano che non molleranno, i vecchi proprietari succeduti a Ciarrapico si sono rivolti alla magistratura segnalando tutte le magagne che hanno trovato (compreso qualche conto segreto in Lussemburgo) e la procura di Roma vuole vederci chiaro anche su quello che è avvenuto dopo l’uscita di scena del potente senatore pidiellino.

Non ultimo, bisognerà vedere come reagiranno i lettori.