Il Teatro dell’Elfo ha sempre avuto nella sua storia una funzione, oltre che artistica, civile. Per i temi che trattavano i testi messi in scena (basta citare il trionfale Angels in America), come per il pubblico che la compagnia ha fidelizzato fin da quando lavorava nella vecchia sede di via Menotti. Non sorprende quindi che da un mese riscuota ogni sera grande successo lo spettacolo che Ferdinando Bruni e Francesco Frongia hanno tratto dal testo che il drammaturgo Moises Kaufman aveva elaborato e rappresentato con i membri del newyorkese Tectonic Theater Project, The Laramie Project, tradotto col titolo, concordato con l’autore, Il seme della violenza (repliche domani alle 16, e poi alle 20,30 fino al 2 luglio).

LO SPETTACOLO ha l’aspetto di un potente oratorio laico, ambientato in una palestra scolastica della città di Laramie, nel Wyoming, dove fu ucciso brutalmente un giovane per motivi omofobici, e attorno al quale fatto tutta la cittadinanza si chiuse in una ferrea omertà, sulle cause come sull’identità degli assassini. Gli attori e militanti per i diritti civili della compagnia teatrale newyorkese decisero così di recarsi in massa in quella provincia profonda, per approfondire, oltre alle responsabilità, il tessuto civile di quella cittadina. Così procede anche lo spettacolo dell’Elfo, otto attori per più di sessanta personaggi, che si alternano in proscenio dando corpo ai componenti delle due comunità, quella civile ed evoluta dei componenti del Tectonic Theater, e quella degli abitanti di Laramie, alcuni magari anche scossi e addolorati per la morte del giovane, ma irremovibili sul rifiuto di ogni omosessualità.

CON SEMPLICI effetti scenici, qualche piccolo particolare del vestiario,una foga e una immedesimazione che alzano progressivamente la temperatura allo scorrere di questo serpente di interviste, assolvono alle caratteristiche necessarie alla dimostrazione di un teorema matematico, vario, articolato, ma infallibile. Una formula che è stata alla base di grandi avvenimenti scenici (un esempio per tutti L’istruttoria di Peter Weiss che nei 60 restituiva dopo una decina d’anni gli orrori svelati a Norimberga), ma che qui usa gli strumenti stessi del teatro, perché i personaggi chiamati a indagare e ricostruire sono essi stessi «attori», ognuno in più ruoli (capitanati dallo stesso Ferdinando Bruni). E gli spettatori entrano emotivamente nella profondità di quella ragnatela da infrangere per arrivare alla verità. Con un pensiero magari alla legge Zan, e alle opposizioni, sorde o rumorose come quelle dei vescovi, che ancora ci tengono tutti dentro i confini di Laramie.