Al molo Favaloro di Lampedusa sono sbarcate ieri tre diverse imbarcazioni. La prima trasportava 81 persone. Le altre due 7 e 12. Insieme compongono la cifra tonda di 100 migranti, che si sommano ai 45 giunti sull’isola tre giorni fa. Tutto ciò davanti agli occhi dei 43 salvati dalla Sea Watch 3, costretti a rimanere a 15 miglia dallo stesso porto a causa del divieto di ingresso firmato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini una settimana fa. «È quanto previsto dal nuovo decreto sicurezza – aveva precisato il ministro – Stop ai complici di scafisti e trafficanti».

«È COME SE I DIRITTI delle persone dipendessero da chi le recupera in mare», afferma Alberto Mallardo, di Mediterranean Hope – Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei). Mallardo dorme da tre giorni sul sagrato della chiesa di Lampedusa insieme ad altri attivisti e a Don Carmelo La Magra, parroco dell’isola. Chiedono di far scendere le persone che si trovano a bordo della nave della Ong. Nel frattempo, hanno assistito ai diversi sbarchi.

«LA MAGGIOR PARTE dei migranti arrivati ieri sono originari del Bangladesh – continua Mallardo – Gli altri vengono da Siria, Libia, Algeria, Senegal e Tunisia. Tra loro c’erano quattro donne e tre bambine molto piccole. Ci sono sembrati tutti in buone condizioni. Abbiamo dato loro il benvenuto e offerto una primissima assistenza con coperte termiche, acqua e succhi di frutta».

LE IMMAGINI diffuse nel pomeriggio di ieri dall’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera Frontex mostrano un peschereccio che traina una piccola imbarcazione in legno vuota. Quando mancano circa 60 miglia alle coste di Lampedusa le 81 persone sono trasbordate dalla cosiddetta «nave madre» e lasciate proseguire da sole. Il video è stato girato da un aereo della missione Mas, che ha immediatamente segnalato il fatto alle autorità italiane. Così un pattugliatore veloce della guardia di finanza ha raggiunto il peschereccio mentre tentava di rientrare in Libia e ne ha assunto il controllo per trainarlo nel porto di Licata. Sette persone sono state fermate per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

GLI ARRIVI di queste ultime ore segnalano modalità di attraversamento del Mediterraneo che sfuggono alla bandiera salviniana dei «porti chiusi». Un fenomeno che nel contesto della guerra alle Ong è in crescita. Secondo la guardia di finanza soprattutto rispetto alla tratta che dall’Egeo conduce i migranti sulle coste pugliesi e calabresi. In questo caso le imbarcazioni utilizzate sono generalmente a vela e partono dalla Grecia o dalla Turchia. Come quella intercettata a largo di Capo Colonna, a pochi chilometri da Crotone, il 17 giugno. Trasportava 20 curdi. Ci sono poi i «barchini» che dalla Tunisia puntano autonomamente su Lampedusa o le coste agrigentine. O le imbarcazioni che dall’Algeria fanno rotta verso la Sardegna. Nella notte tra il 18 e il 19 giugno 12 uomini di nazionalità algerina hanno toccato le coste del Sulcis.

SECONDO I DATI del ministero dell’Interno, dall’inizio dell’anno al 21 giugno sono sbarcate in Italia 2.361 persone ( -85,53% rispetto al 2018, -96,72% rispetto al 2017). All’incirca un terzo erano partite dalla Libia. La differenziazione delle rotte e delle modalità di viaggio contribuisce a smentire la tesi di Salvini secondo cui le Ong avrebbero un effetto di attrazione, pull factor, nei confronti dei migranti, spingendoli a partire. Tesi smentita anche dai numeri che riguardano la Libia. «Per buona parte di maggio a fare “salvataggi” al largo della Libia era rimasta solo la sua Guardia costiera. Quindi i migranti non dovrebbero partire. Giusto? Sbagliato. 379 partiti con Ong al largo. 1.631 partiti senza nessuno», ha twittato alcuni giorni fa Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi).