Pioggia di soldi per «Yats» l’americano, premier del governo nominato da Majdan e un problema interno che rischia di diventare una resa dei conti: ieri membri di Settore Destro, il gruppo neonazista protagonista della gestione militare di Majdan, ha assaltato il parlamento chiedendo le dimissioni del ministro dell’interno, a seguito della morte – nei giorni precedentic – di uno dei loro leader. Il rischio è un conflitto senza fine, a causa della forza militare acquisita dai neonazisti durante la «rivolta».

Lo stesso governo ha del resto dichiarati illegali i gruppi armati, ma nei giorni scorsi Settore Destro ha fatto una vera e propria chiamata alle armi, per difendere la «rivoluzione». Un viatico rischio e pericolante, in vista delle riforme richieste e delle prossime elezioni presidenziali il 25 maggio, che conferma il peso rilevante delle frange più estreme nella caduta dell’ex presidente Yanukovich. E oggi il parlamento vota sulla caduta o meno del ministro degli interni: sarà un segnale rilevante circa la piega che potranno prendere gli eventi.

Nel frattempo per l’esecutivo arrivano i primi soccorsi economici: ieri tanto il Fondo monetario, quanto l’Unione europea e gli Stati uniti hanno ufficializzato gli aiuti. Non certo «gratuiti», anzi: quello che viene chiesto all’Ucraina è un pacchetto di riforme che possa preparare il terreno alla solita ricetta di questi organismi, ovvero massacrare i ceti più deboli e costruire una classe di ricchi che possa supportare la presenza occidentale sui mercati. Fino alla prossima crisi sociale.

Il piano di aiuti del Fmi all’Ucraina sarà compreso fra i 14 e i 18 miliardi di dollari, secondo quanto annunciato dallo stesso Fondo in una nota, pervenuta al termine della missione del proprio team a Kiev. Il totale dei soccorsi internazionali al paese raggiungerà i 27 miliardi nei prossimi due anni. Come specificato in cambio all’Ucraina viene chiesto molto: riforme in alcuni settori chiave fra cui il comparto finanziario, le politiche monetarie e di cambio, conti pubblici, e l’energia oltre che una maggiore trasparenza.

L’obiettivo del programma di riforme è quello di «ripristinare la stabilità macroeconomica e riportare il paese sul sentiero di una solida crescita oltre a proteggere le categorie più vulnerabili della società». Il Fmi assieme ad altre organizzazioni fra cui la Banca Mondiale, svilupperà misure per aiutare ad «incrementare la trasparenza dell’attività di governo». In pratica è l’austerity «made in Majdan», quella già annunciata da Yatseniuk settimane fa.

Ieri è giunto anche l’annuncio, da parte di alcune fonti, del sostegno europeo: entro giugno saranno versati i primi 850 milioni di euro di aiuti europei all’Ucraina. Lo indicano qualificate fonti europee specificando che ad aprile sarà versata la prima tranche da 100 milioni di euro (sbloccata dalla firma della parte politica dell’accordo di associazione) degli aiuti macroeconomici da complessivi 1,6 miliardi. Una seconda tranche da 500 milioni è prevista a giugno, mentre a maggio sarà la volta di 250 milioni del contributo per la costruzione degli edifici pubblici. Anche il sostegno della Ue non è privo di richieste: la prima riforma che l’Ucraina deve mettere in piedi è quella costituzionale (come richiesto anche dalla Russia) «entro settembre 2014». E insieme alle parole di sostegno di Obama, via libera anche del Senato americano al pacchetto di aiuti all’Ucraina.

La misura prevede quasi 1 miliardo di dollari di garanzie sui prestiti e autorizza 150 milioni di dollari di aiuti diretti al paese. E a Kiev, a fronte di questo sostegno finanziario, si entra in pieno nel periodo che precede la campagna elettorale. Ieri ha ufficializzato la propria candidatura la zarina ucraina, ovvero Iulia Tymoshenko, finita al centro di polemiche nei giorni scorsi per una telefonata intercettata nella quale si augura la morte per tutti i russi presenti in Ucraina.

Candidatura contraddittoria, benché sia data tra i primi tre negli exit poll (il favorito è il re del cioccolato, l’oligarca Poroshenko), visto che ieri la Germania si è espressa negativamente sul suo conto: secondo quanto affermato dal presidente del Bundestag Norbert Lammert, esponente della Cdu della cancelliera Angela Merkel, «l’ex pasionaria della rivoluzione arancione è inadeguata», in quanto ostacolo a ogni speranza di pacificazione».