Ancora una volta scenari da legge marziale in occasione del primo maggio a Istanbul. Il governo turco, per il terzo anno consecutivo, ha negato alle organizzazioni sindacali il permesso di festeggiare la festa dei lavoratori in piazza Taksim, luogo simbolo della lotta operaia turca.

Taksim e le zone limitrofe sono state chiuse al traffico e al passaggio pedonale a partire dalle prime ore del mattino. Bloccata la metro in diverse stazioni e sospesi altri mezzi di trasporto ritenuti «strategici» per raggiungere il centro della città. A coronare l’aspetto fantasmagorico della città, il divieto di sorvolo dell’area sgomberata, ad eccezione dei velivoli militari. Oltre ventimila poliziotti in città, forti della nuova legge sulla sicurezza che attribuisce loro nuovi poteri.

Le autorità hanno giustificato il divieto con le preoccupazioni riguardanti l’incolumità delle persone e l’inadeguatezza dell’aerea a mantenere l’ordine pubblico.
Il premier Ahmet Davutoglu ha detto che a Taksim sarebbero dovuti andare solo «piccoli gruppi simbolici» per il resto, il primo maggio avrebbe dovuto essere festeggiato «nelle piazze legalmente approvate. Tutte le piazze della Turchia sono aperte», ha aggiunto il premier. Tutte tranne Taksim. Le organizzazioni sindacali hanno comunque deciso di raggiungere la piazza, definendo la decisione del governo «illegale».

A Besiktas, dove c’è stato il raduno principale delle organizzazioni dei lavoratori, assieme a diversi parlamentari dell’opposizione, il braccio di ferro tra i sindacalisti e le forze dell’ordine è durato per alcune ore. Ricostruendo i momenti della giornata di venerdì, Kani Beko, segretario generale della Confederazione dei sindacati rivoluzionari (Disk), ha detto ieri che i sindacati erano riusciti a far togliere le barricate alla polizia. «Eravamo in tremila e abbiamo parlato un’ultima volta con il prefetto Vasip Sahin, chiedendogli di lasciarci passare a Taksim con i nostri canti e i garofani».

Il permesso è arrivato solo per 300 persone e quando il gruppo si è mosso comunque in direzione di Taksim, la polizia ha attaccato con idranti e lacrimogeni senza dare alcun preavviso. «È il presidente Tayyip Erdogan a dire l’ultima parola in queste circostanze», ha spiegato Beko. La giornata è stata marcata anche da ulteriori scontri tra le forze dell’ordine e i manifestanti in altri quartieri limitrofi del centro cittadino. Alcuni uomini in borghese sono stati ripresi mentre con spranghe di ferro rincorrevano dei manifestanti, un altro uomo in borghese ha accoltellato un civile a Besiktas.

Secondo i dati della prefettura ci sono stati 203 fermi – di cui 3 commutati ieri in arresti – 18 civili e 6 poliziotti sono stati feriti, mentre 5 giornalisti sono stati tartassati.

La storia di Taksim è legata al primo maggio del 1977 quando alcuni cecchini iniziarono a sparare sulla folla radunata nella piazza per le celebrazioni, uccidendo 34 persone. Ma nel 2010 era stato proprio il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp)ad annunciare che «il primo maggio sarebbe diventata festa nazionale» e dopo 33 anni sarebbe «ritornata a essere festeggiata a Taksim». Per tre anni la piazza è diventata un’area di festa dove migliaia di persone hanno potuto riunirsi in allegria, senza che si verificasse alcun incidente.

Ma dal 2013, poco prima che scoppiassero le manifestazioni di Gezi Park, tutto è cambiato. Il governo ha nuovamente bandito Taksim, dicendo che i lavori in corso nella piazza rendevano pericoloso il passaggio dei manifestanti. Altre motivazioni riguardanti la sicurezza sono state avanzate anche negli anni seguenti. Negli anni Taksim è rimasta sempre una piazza con un forte significato politico di opposizione. Nemmeno gli ultimi divieti riescono a cambiare questo aspetto.