Alla fine, quando ci si è tutti ritrovati in piazza Vittoria, si contano più di mille persone. Un corteo che è cresciuto, che poco dopo le 15 è partito dal territorio sloveno di Nova Gorica e ha attraversato il valico di Casa Rossa.

Gorizia è uno dei punti della rotta balcanica, quindi attraversare questo confine doveva essere un atto simbolico.

Di fatto, materialmente, la polizia non solo c’era, sul confine, ma ha tentato di fermare le persone, per lo più slovene e croate, per controllare loro i documenti e perquisirli. Operazione che non è riuscita ma tant’è, l’intenzione c’era eccome di fermare in qualche modo questo corteo.

Le forze dell’ordine infatti hanno cercato di fare in modo che il corteo non occupasse le carreggiate delle strade che portano al centro della città, ma anche questo tentativo di limitarne il passaggio sui soli marciapiede non ha avuto l’esito sperato. Così questo spezzone internazionale ha raggiunto i numerosi che li attendevano nel centro di Gorizia per unirsi e tutti insieme attraversare la città.

Non solo goriziani ma da tutto il Friuli Venezia Giulia. Chi da Pordenone, chi da Udine e Trieste, con striscioni e messaggi che evidenziano quanto il fenomeno delle migrazioni non si può assolutamente circoscrivere a una provincia, a una città.

In tanti, prima di riprendere la marcia, si sono alternati al microfono. Le storie che tutti hanno sentito sono esperienze, vissuto, che non si possono cancellare. Gli interventi che hanno colpito di più sono proprio quelli di coloro che certe situazioni le hanno vissute: afghani, pakistani, iracheni, che oggi hanno potuto cominciare una nuova vita e che raccontano la loro odissea.

Tra i manifestanti ci sono anche molti di quelli che si riparavano in galleria Bombi, che il sindaco Ziberna ha fatto chiudere giusto qualche settimana fa. Un periodo in cui queste persone non hanno avuto un riparo, mancanza che è stata colmata con l’allestimento di un tendone messo a disposizione da Medici senza frontiere e gestito dalla Caritas. Uno spazio in cui si può solo dormire, aperto dalle 19 alle 8 del mattino.

Limitazioni che diverse voci del corteo denunciano come emblematiche dell’attitudine paternalista con cui viene affrontato il tema dell’immigrazione: «Per quanto ancora continueremo a parlare di una emergenza di fronte a un fenomeno ormai strutturale da più di vent’anni?» dice Laura, attivista goriziana fin dai tempi dell’apertura del Cpt di Gradisca.

Andrej Kurnik, docente di scienze politiche a Lubiana e attivista del centro sociale Rog, rilancia: «Quando le persone dopo aver attraversato decine di frontiere in condizioni spaventose sono finalmente in grado di accedere a minimi diritti di cittadinanza, diventano protagoniste della loro vita e quindi della trasformazione della società».

[do action=”quote” autore=”il rap di Wissal”]«Noi siamo la generazione meticcia, allora dimmi qual è la differenza tra me e te, che parli di purezza mentre la tua è solo miopia che ci porta alla pazzia»[/do]

A Pordenone «non c’è nemmeno un tendone ma anzi il sindaco Ciriani utilizza perfino le squadre di Casa Pound come ronde contro i migranti, criminalizzando i volontari» come raccontano loro stessi dal microfono.

Della molta polizia impegnata a controllare passo dopo passo lo svolgersi della manifestazione, il grosso era concentrato ai due ingressi di via Mazzini, dove si trova la sede di Casa Pound. Una delle tante tappe dove le voci dal corteo si sono fatte sentire.

Quando è stato il suo turno, la giovanissima Wissal, italiana di origini marocchine, attacca con un rap. Racconta la storia di suo padre che è partito, «che sognava e che non ha avuto paura. Noi siamo la generazione meticcia, allora dimmi qual è la differenza tra me e te, che parli di purezza mentre la tua è solo miopia che porta solo a dividerci, che ci porta alla pazzia».