Sarà «un social e political network» o, per dirla in italiano, «un soggetto» basato su «lotta alla corruzione e alla mafia, riforme fatte con cura costituzionale, una politica economica che non si riduca alla gestione dell’esistente, reddito minimo, progressività fiscale vera, parità salariale tra donne e uomini e la corretta applicazione della legge 194, il fine vita, il cambiamento climatico». Insomma è un vasto programma quello dell’associazione ’Possibile’ che tenta la strada di una Podemos nostrana e che ha «il volto di quelli come Luca Pastorino», il candidato ligure che ha messo insieme più di 60mila voti in un mese racimolando un promettente 9,6 per cento. Pippo Civati, sul suo ciwati.it, l’ha annunciato ieri, giorno della festa della Repubblica perché, spiega, riprende il «patto repubblicano» già stilato a Bologna. Primo appuntamento il prossimo 21 giugno a Roma. Poi partirà la campagna nazionale: per la settimana dopo l’ex parlamentare invita gli interessati «a incontrarsi nella loro città, nel loro quartiere, nella loro zona, per capire chi ci può stare».

Civati dunque fa la prima mossa e prova a fondare un contenitore per accogliere, fra l’altro, la diaspora dei militanti del Pd in uscita dal partito in ordine sparso. Ma non solo, nelle intenzioni. Non si tratta ancora del ’big bang’ a sinistra, cioè del soggetto unitario che accolga partiti, movimenti e associazioni, che nel frattempo si stanno muovendo per aprirsi al nuovo progetto. Del resto già molte le iniziative unitarie vengono organizzate in giro per l’Italia. Il 9 giugno, per esempio, i civatiani e Sel hanno organizzato un appuntamento a Rieti, città governata dal giovane attivissimo vendoliano Simone Petrangeli. Sul palco, insieme, lo stesso Civati e Massimiliano Smeriglio, vice di Zingaretti nel Lazio e capo dell’organizzazione di Sel.
Per il 21 giugno però dal fronte sinistro del Pd potrebbe già esserci qualche novità: da oggi al senato si comincia a votare il ddl scuola. La sinistra pd darà battaglia, anche se tra loro non c’è nessuno intenzionato a rompere con il partito, al momento. Anzi al contrario la sinistra ’senatoriale’ – che conta una trentina di voti ed è determinante per la vita del governo – riorganizza le proprie file in attesa di capire se il voto delle regionali porterà da Forza Italia nuove stampelle al governo Renzi. Ma a Montecitorio la situazione è diversa: qui il ddl arriverà per il voto finale che potrebbe provocare l’uscita dal Pd di Stefano Fassina. Qualcuno, proprio in quei giorni di fine giugno, potrebbe seguirlo.

Intanto Civati si dà da fare per attivare il mondo dei delusi della sinistra intorno a obiettivi «possibili», e per questo propone cinque quesiti referendari: sulla legge elettorale «anzitutto per togliere di torno i nominati e i vincitori a prescindere», sullo sblocca-Italia «per garantire la concorrenza nelle concessioni autostradali e la riconversione ecologica dell’economia, ad esempio contro le trivelle», sul jobs act e sulla riforma della scuola. In realtà lo strumento referendario raccoglie molti dubbi fra gli altri azionisti della «cosa di sinistra» ma, spiega Civati, «raccogliere firme durante l’estate e costringere chi non lo fa ad assumersi le sue responsabilità» leggasi la sinistra Pd, «è un modo per cominciare a lavorare insieme».
La scommessa, ardita dati i precendenti, è che a sinistra non partano veti e gelosie, quelli che già hanno ammazzato una mezza dozzina di tentativi analoghi nello scorso ventennio. Civati prova a fare la sua parte: «A metà di luglio ci confronteremo in un Camp, come è già successo negli anni passati. Ma stavolta sono pronto a organizzarlo anche con altri. Con tutti quelli che ci stanno».