Ora che lo ha confermato anche l’Inps non ci sono più dubbi. Come denunciato dallo Spi Cgil – e dal manifesto due mesi fa – ben 5,5 milioni di pensionati a giugno dovranno restituire soldi all’istituto nazionale di previdenza sociale. Fresco di designazione come presidente – il consiglio dei ministri di lunedì su proposta del ministro competente Di Maio gli ha conferito l’incarico in attesa della chiusura del commissariamento dell’ente e non dovrà più firmare le sue direttive con la circonlocuzione «organo munito dei poteri del presidente» – Pasquale Tridico ha cercato di indorare la pillola accompagnando la comunicazione della «differenza recuperata» con il contemporaneo via al taglio delle pensioni d’oro.
«Dopo averli definiti avari, il governo beffa ancora 5,5 milioni di pensionati riprendendosi i soldi che hanno avuto in più di rivalutazione nei mesi di gennaio, febbraio e marzo per un totale di 100 milioni di euro. Ovviamente il tutto avverrà subito dopo le elezioni europee. Fanno come e peggio degli altri. Alla faccia del cambiamento», commenta il segretario generale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti, che preannuncia battaglia di piazza: «Il primo giugno i pensionati saranno in migliaia alla manifestazione indetta dai sindacati in piazza San Giovanni a Roma anche per denunciare questo ennesimo danno nei loro confronti».
Per i pensionati scatterà quindi il mese prossimo il conguaglio unico conseguente al taglio della rivalutazione annuale degli assegni per il 2019, previsto dall’ultima legge di bilancio che in tre anni porterà nelle casse dello stato ben 2,3 miliardi continuando a trattare i pensionati come un bancomat esattamente come tutti i governi da Monti (Fornero) in poi, per le pensioni superiori a tre volte il minimo (1.522 euro lordi al mese, circa 1.200 netti) e applicato solo da aprile con la motivazione di «problemi di applicazione delle nuove norme». Sul prossimo cedolino, quindi, viene recuperata la differenza relativa ai tre mesi precedenti, gennaio-marzo 2019. Senza spiegare perché il tutto non avvenga adesso ma solo dopo le elezioni europee con la netta impressione di ragioni elettorali per M5s e Lega.
Sempre a giugno partirà un altro sbandieratissimo provvedimento della maggioranza: il taglio delle pensioni d’oro, anch’esso previsto dalla legge di bilancio, per i trattamenti pensionistici superiori a 100 mila euro lordi annui a decorrere dal primo gennaio 2019 e per cinque anni. I trattamenti vengono ridotti con un’aliquota percentuale in proporzione agli importi. Cinque le fasce: 15% per la quota di importo da 100 mila a 130 mila euro; 25% per la quota da 130 mila a 200 mila euro; 30% da 200 mila a 350 mila euro; 35% da 350 mila a 500 mila euro; 40% oltre i 500 mila euro. Il conguaglio per il periodo gennaio-maggio sarà fatto in tre rate: la prima a giugno, la seconda a luglio e la terza ad agosto. In manovra dall’intervento sulle pensioni superiori ai 100 mila euro è stato previsto un misero risparmio di 76 milioni di euro nel 2019, 80 milioni nel 2020 e 83 milioni nel 2021.