Il Golgota davanti ai cancelli. La via crucis a Gioia Tauro è quella dei lavoratori del porto. Tre croci sono state piantate ieri mattina dalle maestranze in sciopero tra le inferriate, dove i sogni di occupazione rischiano di spezzarsi. È questa la celebrazione del venerdì santo dei portuali «tra rabbia e memoria» dicono.

L’astensione dal lavoro, dal 10 aprile per 10 giorni, è stata attuata per protestare contro i 400 licenziamenti. Il rischio che lamentano le maestranze di Mct è quello della «morte sociale perché i licenziamenti previsti danno incertezze per il futuro».

E dopo aver piantato le croci in segno di disperazione, i portuali si sono diretti verso lo svincolo della Salerno- Reggio in direzione nord. I lavoratori e sindacati Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Sul chiedevano un incontro urgente al ministero delle Infrastrutture e al Premier Gentiloni.

«Proporremo il patto di solidarietà interno per abbassare ulteriormente i numeri. Questo si potrà realizzare in due fasi, con un referendum prima e subito dopo con un patto individuale di ogni singolo lavoratore» dicono o compatti i sindacati.

È una crisi devastante quella che da anni sta colpendo lo scalo gioiese. Affrontata finora esclusivamente con strumenti emergenziali come il ricorso ossessivo alla cig senza costruire un vero progetto di rilancio dell’hub. In questo modo era inevitabile che al termine fisiologico dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali la situazione si sarebbe rivelata in tutta la sua drammaticità, con l’azienda terminalista che ha dichiarato di voler metter alla porta 400 dipendenti su 1300.

I sindacati lamentano l’assenza di un piano di rilancio. «Non esiste alcun piano industriale e non ci risulta che siano previsti investimenti per far fronte a una movimentazione di contenitori a settimana maggiore di quella attuale. In sintesi, non si vuole intervenire sulla riduzione degli esuberi dichiarati. L’attuale parco macchine del terminalista, gru e mezzi di terra soprattutto, è infatti insufficiente a soddisfare le richieste di lavoro che fino a qualche anno fa consentivano a Gioia Tauro di fregiarsi del titolo di primo porto del Mediterraneo ed è anche questo il motivo reale per cui non possono arrivare ulteriori navi nel nostro porto» sottolinea il Sul, il sindacato autonomo più rappresentativo sulle banchine gioiesi. «Neanche il recente aumento dei volumi di contenitori movimentati ha prodotto una riduzione del ricorso alla cig che poteva essere raggiunto semplicemente assegnando le quote differenziali di container al rizzaggio interno senza penalizzare nessuno».

Solo alle 14 i lavoratori hanno tolto il blocco all’autostrada, dopo la notizia della convocazione di un incontro a Roma con il ministro Delrio.

Al porto, intanto, le operazioni di trasbordo dei container sono paralizzate.

Alte le adesioni allo sciopero tra maestranze, tute blu e impiegati. «Non possiamo permettere che si possa approfittare della situazione, i numeri degli esuberi sono gonfiati per tutti i sindacati e l’azienda non può arrogarsi il diritto di scaricare sulla collettività costi non giustificati. Gli esuberi ci sono, ma molto meno di quelli che l’azienda intende fare e senza alcun criterio oggettivo. Non ci fermeremo, non ci fermeranno».