Strade semideserte, poche le auto che girano. Tutta Gaza è davanti alla tv. Stavolta non per ascoltare un cantante di talento o per la penuria di carburante che ha svuotato i serbatoi degli autoveicoli lasciando a piedi tante famiglie. Ma per seguire gli sviluppi dal Cairo, che certo avranno ripercussioni su Gaza e la sua gente, oltre che per i leader di Hamas. «La sorte del presidente egiziano Morsi e dei Fratelli Musulmani tengono incollati al video il premier Haniyeh e gli altri dirigenti di Hamas», spiega S.K., un giornalista di Gaza che, per ragioni di sicurezza, preferisce tenere nascosta la sua identità. «In gioco – aggiunge S.K. – ci sono i rapporti strettissimi che il movimento islamico aveva stabilito con il Cairo negli ultimi due anni, specie dopo l’elezione di Morsi un anno fa.

Relazioni che hanno aperto al resto del mondo Gaza che invece l’ex raìs Mubarak teneva chiusa in una morsa assieme a Israele». Morsi, conclude il giornalista, «ha protetto e aiutato Hamas in ogni modo, il suo successore potrebbe decidere una linea molto diversa, anche perchè difficilmente sarà un esponente dei Fratelli Musulmani».

La notizia del colpo di stato messo in atto dalle Forze Armate e dei provvedimenti restrittivi adottati contro il presidente egiziano Morsi e gli altri leader dei Fratelli musulmani, sono stati accolti con sgomento dalla popolazione e da Haniyeh. Per motivi molto diversi. L’instabilità politica e sociale in Egitto vuol dire la probabile chiusura del valico di Rafah per diversi giorni e forse la revoca dei visti d’ingresso concessi finora ai palestinesi per cure mediche, ma anche per motivi di studio e di lavoro. «Ho saputo che oggi hanno bloccato a Rafah i pellegrini diretti alla Mecca per l’Omra islamica, temo che domani non faranno passare neanche me. Sono iscritto all’università del Cairo e mi attendono gli esami di questo semestre», dice preoccupato Ahmed Abu Samadana, uno studente.

Samia, una insegnate, invece si prepara con il marito e i figli ad andare a el Arish per qualche giorno di vacanza a basso costo: «L’Egitto era l’unico Paese dove finora potevamo entrare e provare per qualche giorno ad avere un’esistenza normale, se chiude la frontiera di Rafah, faremo un salto indietro di alcuni anni».

Con motivazioni diverse guardano al golpe militare in Egitto i dirigenti di Hamas. Grazie anche all’appoggio ricevuto da Morsi, il movimento islamico palestinese figlio di quello dei Fratelli Musulmani egiziani, ha potuto ottenere importanti riconoscimenti nel mondo arabo-islamico, impensabili durante l’era del «faraone» Mubarak. Attraverso il territorio egiziano sono passate decine e decine di delegazioni ufficiali di molti Paesi dirette a Gaza, inclusa quelle dell’ex emiro del Qatar e del famoso predicatore islamico Yusef Qaradawi.

La frontiera di Gaza è stata il transito di persone ma anche di donazioni in contanti per milioni di dollari destinati alla Striscia e al governo di Hamas. Attraverso l’Egitto dovrebbe passare anche il contestato premier islamista turco Erdogan che a breve intende visitare Gaza. «Non è detto che questo cessi del tutto – avverte l’analista Mukhemr Abu Saada – i tempi di Mubarak sono finiti e le autorità egiziane, qualunque esse siano non si comporteranno mai come l’ex raìs». Tuttavia, prosegue Abu Saada, «la luna di miele tra Gaza e il Cairo è terminata».
Morsi era stato abile nel contenere gli effetti delle accuse che da tempo l’Esercito egiziano rivolge ad Hamas e a certe organizzazioni militanti palestinesi che darebbero appoggio ai gruppi salafiti che agiscono nel Sinai.
Le uccisioni lo scorso agosto e poi il recente sequestro di guardie di frontiera egiziane nel Siria, sono state attribuite dai comandi militari del Cairo anche a salafiti palestinesi e alla mancanza di misure di sicurezza lungo la frontiera da parte del governo di Hamas». La mancanza di Morsi si sentirà anche in diplomazia, dice l’analista. «Il presidente egiziano lo scorso novembre si era fatto garante del cessate il fuoco tra Israele e Hamas, non solo, aveva dato libero passaggio alle delegazioni islamiche dirette a Gaza a sostegno del movimento islamico palestinese e della popolazione civile. Dubito che i militari o governanti laici egiziani saranno altrettanto generosi».
Hamas deve anche fare i conti con un giudizio negativo che raccoglie da qualche tempo a questa parte tra la popolazione egiziana che, senza alcun motivo vero, accusa il movimento islamico e Gaza di contribuire ai problemi economici e politici del Paese.
Ne sa qualcosa il leader di Hamas, Khaled Mashaal, che il mese scorso è stato contestato al Cairo. «Per lavoro sono stato fino a qualche giorno fa in Egitto dove ho affrontato l’ostilità crescente verso i palestinesi di Gaza – dice il giornalista S.K. – pensate, molti egiziani credono che la penuria di gasolio che si registra nel loro Paese sia il risultato di presunti ‘regali’ dei Fratelli musulmani alla Striscia di Gaza e ad Hamas. Gli errori di Morsi perciò rischiamo di pagarli anche noi palestinesi».