Gli occupanti israeliani prima e l’Anp ed Hamas poi hanno fatto ben poco per proteggere le antichità della Striscia di Gaza che pure sono significative poiché questo tormentato lembo di terra palestinese nei tempi antichi è stato una delle principali rotte commerciali tra l’Egitto e il Levante. «Israele ha sequestrato manufatti e ha fatto ben poco per prevenire il traffico di antichità. Invece le autorità palestinesi che governano Gaza dal 1995 hanno danneggiato o abbandonato i vari siti archeologici», spiega Ayman Hassouna, professore di storia e archeologia all’Università islamica di Gaza. Due anni fa le ruspe hanno spianato gran parte di Tel Es Sakan, i resti di una città di 4.500 anni fa, per far posto a progetti edilizi. «Va considerata – aggiunge – anche la mancanza di consapevolezza tra gli abitanti dell’importanza di preservare le antichità. Quando trovano qualcosa, se lo tengono». Fu questo il caso del ritrovamento nel mare di Gaza, nel 2013, di una statua di Apollo da parte di un pescatore. La notizia fece il giro del mondo ma da allora della statua, con ogni probabilità al centro di un traffico illecito dall’Egitto, si è saputo molto poco. Il pescatore provò a venderla (su eBay per mezzo milione di dollari) ma lo bloccò il governo di Hamas. Poi più nulla.

Distruzioni, saccheggi e traffici rimangono un problema ma finalmente il ministero del turismo e delle antichità di Gaza si è deciso a cambiare rotta. Con pochi fondi disponibili sono stati registrati e catalogati i circa 10mila manufatti e oggetti di valore storico di cinque collezioni private, per impedire che vengano venduti o contrabbandati. Quella di Walid al Aqqad è la più significativa: colonne corinzie, centinaia di vasi antichi e altri manufatti che rappresentano i resti di cinque millenni di storia di Gaza, dall’età del bronzo ai califfati islamici e fino agli anni del dominio ottomano. Il ministero ha anche aperto un piccolo museo pubblico nel palazzo al Basha, una fortezza costruita dai sovrani mamelucchi a metà del XIII secolo e conta di aprirne uno più grande. Giovani restauratori, tra i quali diverse studentesse universitarie, stanno lottando per salvare due siti: una chiesa bizantina del V secolo a Jabaliya, scoperta nel 1996, e i resti del monastero di San Hilarion, IV secolo, a sud di Gaza City, con l’aiuto della ong francese Premiere Urgence e un finanziamento del British Council.