Le prime fiamme sono divampate domenica pomeriggio, intorno alle 15, al campo rom di Cupa Perillo, a Scampia, verso il confine con Mugnano. Sembrava un incendio circoscritto ma, rapidamente, si è diffuso fino ad arrivare all’autoparco dell’Asìa, l’azienda napoletana di nettezza urbana. Un incendio così aggressivo da bruciare 23 automezzi, due in leasing, gli altri di proprietà dell’azienda: si tratta di un danno di oltre un milione di euro che l’assicurazione coprirà solo in parte, vista l’età di compattatori e furgoncini.

Almeno quattro i fronti del fuoco che si sono sviluppati, su 20mila metri quadri coinvolti, con nubi cariche di lapilli spinte dal vento a innescare nuove fiamme. Ieri pomeriggio l’incendio è stato spento ma dai cumuli inceneriti salivano ancora i fumi. I diversi inneschi fanno sospettare un evento doloso.

NEL CAMPO alcune baracche sono bruciate, la situazione è stata peggiorata dall’esplosione di bombole di gas e Gpl. Una nube nera ha avvolto la Circumvallazione e la popolazione del quartiere si è dovuta barricare in casa con le finestre chiuse per due giorni. L’aria era irrespirabile per il fumo, la cenere e i residui della combustione dei rifiuti, accumulati all’ingresso del conglomerato di baracche.

Oggi pomeriggio nello spazio Casa Arcobaleno si riunirà la comunità locale. «Roghi dolosi per fare pulizia del campo rom» è l’accusa di padre Domenico Pizzuti. Il governatore campano, Vincenzo De Luca, ha commentato: «Il campo di Scampia è un problema da risolvere di petto. Non possiamo consentire di avere chi ruba acqua e corrente. Bisogna avere umanità, accogliendo chi vuole vivere in maniera civile in strutture sociali, per il resto fare lo sgombero».

È intervenuto anche il sindaco Luigi de Magistris: «È necessario individuare i responsabili di questa azione criminale. Lavoreremo da settembre perché possa crescere la coesione sociale a Napoli. L’Italia arranca perché è troppo divisa».

[do action=”quote” autore=”Luigi de Magistris”]«È necessario individuare i responsabili di questa azione criminale. Lavoreremo da settembre perché possa crescere la coesione sociale a Napoli. L’Italia arranca perché è troppo divisa»[/do]

Nel campo vivono circa 800 rom, la metà minori: sono serbi, macedoni e kosovari, arrivati dalla ex Jugoslavia 35 anni fa, molto prima di tanti napoletani che hanno poi occupato le Vele. La maggior parte è nata a Napoli ma non sono mai riusciti ad avere i documenti. I bambini hanno un tasso di scolarizzazione più alto di quello dei coetanei partenopei e, tutti insieme, frequentano la scuola Carlo Levi. La dispersione scolastica comincia a crescere con le medie e diventa molto alta alle superiori, un problema diffuso a Scampia.

DA DUE ANNI sopportano il periodico taglio della fornitura elettrica, una misura che rendere le condizioni di vita sempre più difficili e più pericolose. Gli allacci abusivi, col tempo, vengono ripristinati, nel frattempo ci si arrangia: per cucinare e scaldarsi si usano i bracieri ma per i ragazzi è complicato studiare. Le donne del campo hanno una rete di relazioni molto fitta con la comunità locale, sei di loro lavorano con un contratto a tempo indeterminato nel primo ristorante italo-romanì Chikù, un progetto dell’impresa sociale rom-partenopea La Kumpania.

Una parte del quartiere li accusa di bruciare illegalmente i rifiuti, rendendo l’aria irrespirabile. Il campo si è attrezzato: hanno filmato e fotografato gli autori degli sversamenti, il dossier lo hanno consegnato al comune. L’ex presidente della municipalità, Angelo Pisani, arrivò per fare un blitz ma a essere multati furono tre napoletani che si liberavano di scarti dell’edilizia e altra immondizia trasportata su furgoncini.

IL COMUNE a luglio ha annunciato lo sgombero del campo per l’11 settembre, poi spostato ai primi di ottobre. La comunità ha denunciato il metodo usato: «Dopo mesi di assedio, blitz notturni, sequestri arbitrari, tagli di corrente elettrica in pieno inverno, donne, bambini, uomini e anziani si sono visti notificare un pezzo di carta con cui sono invitati ad andarsene. Dove? l’ordinanza della procura non lo dice, non lo dicono le forze dell’ordine, non lo dice il comune». A giudicare da altri sgomberi fatti a Napoli, come quello di via delle Brecce (su 1.300 occupanti l’amministrazione ne ha sistemati solo 130), il rischio è che molti restino per strada e piccoli gruppi vengano dispersi in altri campi, a Barra o Poggioreale.

DAL 2009 giace inapplicato un piano per i rom di Scampia: 7,2 milioni di fondi Ue che l’amministrazione nel 2014 avrebbe voluto convertire in strutture transitorie socio-assistenziali monoetniche, per 409 persone in 75 alloggi sottodimensionati. Un piano che la comunità locale ha bocciato: lascia fuori metà del campo, dà una sistemazione provvisoria e, nei fatti, crea un ghetto a base etnica, in violazione della normativa europea.

La comunità rom di Scampia ha fatto ricorso alla Ue, che ha chiesto spiegazioni al comune. Da allora il piano è fermo.

L’associazione Chi rom…e chi no, che lavora con gli abitanti del quartiere, spiega: «Abbiamo fatto un laboratorio sul tema dell’abitare per un anno. Abbiamo realizzato un progetto compartecipato per rom e gagè per utilizzare i fondi disponibili. Si tratta di un mix di soluzioni: sostegno all’affitto; housing sociale; regolarizzazione delle strutture modello come il Campo rosa, dove dieci famiglie hanno tirato su un insediamento vivibile, intorno a una piazza circolare, con ambienti condivisi e verde. Un progetto che valorizza le competenze di chi dovrà vivere nel quartiere, nel rispetto dei diritti di tutti, rom e non rom».