Dei tre fratelli Powys, Theodore Francis, John Cowper, Llewelyn, romanzieri e saggisti nati nel fiabesco Wessex di Thomas Hardy, che ne è il cantore per eccellenza, solo il primogenito è salito alla gloria della Pelican Guide della letteratura inglese, e delle numerose traduzioni italiane, iniziate nel 1948 proprio con Il buon vino del signor Weston. I restanti otto fratelli si impegnarono di meno, malgrado discendessero da due poeti che non potrebbero essere più estremi: l’audace John Donne e il timido transgender – allora si diceva ‘ermafrodito’ – John Cowper. La famiglia Powys potrebbe costituire un capitolo a sé in una eventuale storia della letteratura gallese. Ma Theodore Francis incrocia anche un’altra più complessa tradizione, quella che discende dal romanticismo tedesco, in particolare dall’Hölderlin di Pane e vino: gli dèi greci o il dio biblico o neotestamentario o il sacro, che tutti assomma, sono scomparsi dalla terra. Ma a volte ritornano, più umili, modesti, per confortarci e rimediare agli errori commessi, lasciando una scia luminosa di prodigi. Sono racconti o romanzi o poesie che spuntano all’improvviso in varie lingue, come nel caso di Il buon vino del signor Weston che Powys scrisse nel 1927, ora riproposto da Adelphi nella bella traduzione di Gianni Pannofino («Biblioteca», pp. 286, € 22,00), e che sarà seguito in settembre da Gli dèi di Mister Tasker.
Rilke aveva incontrato un vecchio Dio pasticcione che se la prende per gli errori delle proprie mani (Le storie del buon Dio ), Pound li aveva intravisti al loro ritorno, deboli, barcollanti e indecisi, quasi bisognosi di aiuto (Il ritorno). Manganelli scrisse che gli dèi e l’inferno erano ingredienti indispensabili per fare letteratura, Calasso ripercorse la loro via più alta da Hölderlin e Novalis, a Baudelaire, Mallarmé, e adottò la giustificazione di Pound: «‘Non essendosi mai trovata metafora più adatta per certi colori emotivi asserisco che gli dèi esistono’. Scrittore è colui che vede quei ‘colori emotivi’».
Gli orologi si fermano
Il 20 novembre 1923 un furgone Ford arriva nel paesino di Folly Down – il nome è rivelatore –, vicino a Maidenbridge. Sono le sette di sera e tutti gli orologi si fermano. Il buon Dio, nelle vesti del signor Weston, mercante di vini, accompagnato dal suo segretario tutto fare, quel bel ragazzo dell’angelo Michael, è venuto per vendere il suo vino rosso sacramentale a quegli stolti metodisti. Il metodismo, endemico in quelle terre, non ha una teologia, né una dottrina, né una teoria morale – ha scritto T.S. Eliot. Ha solo l’innologia, e propone una religione del cuore, calda e ingenua. Powys menziona le guide spirituali del serafico Luke Bard, che predica l’amore a tori e scrofe più sensibili dei suoi compaesani alle ragioni dello spirito, in prima istanza John Bunyan, ma anche William Law, Richard Hooker, Jeremy Taylor, la dolce guida a Holy Living and Holy Dying. Per quanto il signor Weston sia abile e di lunga esperienza, tuttavia trova difficoltà teologiche impreviste, nodi esistenziali da sciogliere, e osa interventi personali ai limiti del lecito – anche se non del possibile che per lui non esiste.
Tanto per cominciare il signor Grobe, titolare della parrocchia anglicana, dopo la morte dell’amata moglie non crede più in Dio, ma serba in cuore una speciale affezione per il Figlio. «‘E crede che Egli sia stato un giovane di grande qualità, con un’immaginazione capace di creare un mondo completamente nuovo e con un sentimento così potente che tutti gli uomini potrebbero, se solo volessero, vivere – e anche morire – nell’amore e nella misericordia di questo unico Uomo’. ‘Sì’ confermò il signor Weston , con un sospiro. ‘Era un grande poeta’. ‘Grande, sì’ disse Michael rispettosamente ‘quasi quanto Suo Padre’». Leggerezza e ironia, buoncuore e buonumore alla maniera settecentesca di Hery Fielding, il cui esempio Powys tiene sempre presente. Ma a Folly Down le anime sono in pericolo, la situazione è difficile. Il signor Weston non tarda ad accorgersi che le giovani vergini si fanno allegramente possedere sotto l’antica quercia dal vecchio signor Grunter, o peggio dai brutali fratelli Mumby, che la passione carnale può diventare femminicida, che esiste una mezzana corruttrice e le sagge matrone, relegate nel silenzio della casa, non hanno voce in capitolo. Gli uomini s’incontrano dopo il lavoro alla Taverna dell’Angelo e qui domina il signor Bunce, il proprietario della birreria, con la sua passione teologica. Il signor Weston entrando si è introdotto in una accesa discussione provocata da Bunce su una domanda fondamentale: «È il vecchio Grunter o piuttosto Dio Onnipotente l’autore di tutte le cose cattive che si fanno a Folly Down?». Il nuovo arrivato nasconde la faccia nel boccale di birra e una voce si sente che sembra provenire dall’effigie di Maria: «Io formo la luce e creo le tenebre; io concedo la pace e creo il male: io, il Signore, sono l’artefice di tutte queste cose» (Is., 45, 7). La terra comincia a scottare sotto i piedi del signor Weston, che rinvia per una risposta ufficiale al signor Grobe, il locale ministro del culto che riceve dallo stato uno stipendio stabilito dall’andamento del grano. Il signor Grobe a sua volta ritorcerà la responsabilità del Male su tutti gli uomini, quindi sullo stesso Bunce, perché Dio non esiste. Weston corre ai ripari per curare a modo suo le follie di quaggiù, e comincia a offrire il vino nero, il più antico della sua ditta. Comincia dal devoto Luke Bird accecato dalla passione carnale per la casta Jenny Bunce. «…Luke con tutto l’amore che provava per lei, avrebbe preso Jenny e l’avrebbe fatta a pezzi. … Perché l’aveva lasciata fuggire tanto facilmente? Avrebbe potuto stordirla con l’ascia, per poi costringerla a sottostare al suo volere».
Sotto la quercia
La soluzione è facile. Con un bicchiere di vino di una annata speciale Jenny ricambia appassionatamente Luke, e il matrimonio in tutta fretta è concluso. L’adolescente bellissima Tamar innamorata dell’angelo azzurro che campeggia sull’insegna del pub, si trova sotto la quercia, bruciante di desiderio. Michael la fa bere: una unione angelica si compie, e una morte fulminea con diretta assunzione in cielo. (Michael come l’avrà preso quell’incarico straordinario? Altri suoi colleghi si erano prestati, e ne è rimasta la prova, ma non una confessione). Il signor Grobe, vedovo inconsolabile di una mogliettina bella e licenziosa, accetterà di bere anche lui il vino più nero del signor Weston, dietro la promessa che rivedrà presto la sua graziosa ochetta. Sempre più triste e affaticato per le drastiche e difficili risoluzioni che ha dovuto prendere, il signor Weston si prepara alla macabra scena notturna del disseppellimento del cadavere di Ada davanti ai due fratelli Mumby che l’avevano stuprata e indotta al suicidio. «Non c’è morte al mondo che non vorrei fosse la mia, e vorrei che chiunque muore sapesse che il mio desiderio sarebbe di morire con lui» – confida al signor Grunter, il becchino. Per concludere «…tutto dev’essere raccontato, nulla può restare nascosto, e persino un vecchio e dimenticato sussurro, con il passare del tempo, diventa una storia vera».