Ricordate la tentata strage di Macerata e il ministro Minniti che annunciava che avrebbe vietato la manifestazione antirazzista? Telefonai a Lidia. Le dissi che noi intendevamo manifestare lo stesso. Mi rispose: sono d’accordo, ci sarò. E così fu.

La foto di Lidia che saluta con dolcezza a pugno chiuso pubblicata sui social e anche sul Manifesto è stata scattata durante quel corteo che percorse tutto, circondata dall’affetto di compagne e compagni. Se in tutta Italia in queste ore sono tantissime le persone in sincera apprensione per la salute di Lidia è perché non si è mai risparmiata e ha distribuito ovunque la sua disponibilità all’incontro, al dialogo, al racconto, a socializzare le sue riflessioni, le sue storie, la sua intelligenza e la sua gioia nel condividere pensieri e bicchieri di vino.

Come si può non voler bene a Lidia? Ammirazione, stima, amicizia, riconoscenza nei suoi confronti sono sentimenti condivisi e autentici. E ripensando alla sua biografia appaiono davvero dei miserabili quei parlamentari che complottarono nel 2007 per impedirle di diventare presidente della commissione Difesa del Senato.

Una pacifista avrebbe rappresentato un’offesa alla sovranità limitata di un paese in cui classi dirigenti hanno chiuso in un armadio della vergogna l’articolo 11 della Costituzione e fanno a gara nell’acquistare armi e far finta di non accorgersi che siamo pieni di bombe atomiche. E ancor più infelice la mancata nomina a senatrice a vita da parte di un Presidente della Repubblica che fu comunista.

Forse Lidia non garantiva affidabilità verso le forze armate, la Nato, l’ordoliberismo dell’Unione Europea e la finanza internazionale ma semplicemente quella alla Costituzione per la quale aveva rischiato la vita nella Resistenza. Ma in queste giornate in cui siamo sommersi dai messaggi e dalle telefonate possiamo dirlo forte che Lidia Menapace è stata nominata da lungo tempo senatrice a vita dall’altra Italia, quella di sinistra, antifascista, femminista, pacifista, ambientalista oggi dispersa e sconfitta ma che le vuole un gran bene e ha condiviso con lei migliaia di incontri, manifestazioni, lotte.

E credo che tutte e tutti in queste ore speriamo che la nostra compagna Lidia ci sorprenda di nuovo, come ha fatto tante volte. Pasolini definì quello della Resistenza “stile tutta luce, memorabile coscienza di sole”. Sono parole che ben descrivono la maniera con cui Lidia Menapace ci ha dimostrato che si può far politica, anzi si deve fare e pensare la politica.

Senza mai cedere sul piano della radicalità, dell’onestà intellettuale, del rigore. Avendo consapevolezza della complessità e cercando di non perdere il contatto con la vita e la realtà inseguendo formule astratte. Con gioia e ironia (una volta mi disse che la politica l’aveva salvata dalla depressione in un momento assai difficile della sua vita).

Comunismo, femminismo, antifascismo, pacifismo, tutti i nostri ismi nel ragionare e discorrere di Lidia si trasformano in parole fresche di semplice buonsenso, mai noiose sempre illuminanti, capaci di comunicare anche con chi non ha condiviso i vocabolari del Novecento. Lo scrivo senza retorica e con assoluta convinzione: Lidia è davvero una compagna che la rifondazione comunista l’ha fatta e praticata.

Forse per questo non è mai diventata una reduce. È una partigiana in servizio attivo. E anche ora sta lottando come sempre. Forza Lidia! Ti vogliamo bene!  E non vediamo l’ora di organizzare con te il 2 giugno quel grande pic nic nazionale che tu proponi da anni per riprenderci dal basso la festa e soprattutto la Repubblica.