Negli ultimi mesi, in America, gli avvenimenti di Ferguson, New York, St Louis e Baltimore, hanno reso visibile problema della violenza legalizzata su gli afroamericani; gli scontri tra cittadini e polizia che, dopo aver ucciso giovani neri disarmati, caricavano le manifestazioni addolorate e sdegnate per questo puntuale e sistematico svolgersi dei fatti, hanno mostrato come una parte di popolazione americana abbia meno diritti dell’altra.

A Ferguson, dopo l’uccisione da parte della polizia del diciottenne, disarmato, Michael Brown, lo scorso agosto, erano accorsi militanti per dare supporto, tra questi il reverendo Osagyefo Sekou. Lui si definisce gramsciano, è uno scrittore, documentarista, attivista politico, intellettuale e teologo; è considerato uno dei capi religiosi più importanti della sua generazione. Ha scritto di hip-hop, religione, omofobia, sessismo e politica.

«Quello che abbiamo visto – dice – è stato un atto d’accusa per la democrazia americana e abbiamo visto la democrazia in fiamme. Giovani che sono stati traditi, arrabbiati, con una storia di oppressione, di aggressioni della polizia, scuole decrepite. Si tratta della seconda più lunga protesta nella storia della lotta per la libertà nera in America».Il reverendo Sekou è stato uno degli ospiti più attesi e seguiti al Left Forum e ha dato una sua interpretazione trasversale del movimento Black Lives Matter, inserendolo in un quadro più ampio. «Ciò che è avvenuto a Ferguson va situato in un contesto di collasso globale dell’economia, il collasso del 2008 che ha portato 40 milioni di persone a finire in povertà nel giro di una notte. Da questo crollo sono derivati fenomeni diversi come quello di Occupy Wall Street: le persone occupavano spazi pubblici ed avevano cominciato a rifiutare il concetto tradizionale di leadership e la caduta dell’economia si è generalmente combinata con un’interazione globale.

In un posto come Ferguson, in particolare, dove un grande porzione della popolazione già viveva in povertà la situazione è diventata insostenibile. A Ferguson ci sono circa 21.000 cittadini con un reddito medio di 36 mila dollari annui, ma una persona su quattro vive sotto a soglia di povertà, le altre tre, invece, sono quelle che si definiscono working poor, cioè gente che ha un lavoro a tempo pieno ma quel lavoro non basta ad avere una vita dignitosa. Questo va combinato con un alto tasso di repressione da parte della polizia i cui introiti dipendono molto dalle multe che fanno a una popolazione che lotta per la sopravvivenza. Guardando a tutta St. Louis County, pochi anni prima il procuratore McCulloch aveva rifiutato di accusare dei poliziotti che avevano sparato 20 volte ad una macchina dove sedevano due uomini di colore, disarmati.

Ecco questo è il tipo di storie di repressione e vessazioni a cui erano abituati i giovani neri a Ferguson. Parlando degli si spazi, a St Louis sono altamente segregati, le linee di demarcazione sono economiche e chiare. Analizzando la situazione a livello elettorale, vediamo che circa il 67 per cento degli abitanti sono afro-americani, eppure c’è poca o nessuna rappresentanza a livello elettorale. Queste sono statistiche da apartheid, un tipo di apartheid economico ed esistenziale, un inferno vissuto.

Quando sono arrivato a Ferguson non mi sentivo così da quando ero in Palestina nel 2012: anche a Ferguson passavo attraverso checkpoint dove mi chiedevano documenti, camminavo ed avevo puntati contro fucili e lacrimogeni, c’erano blindati ovunque. I soldi per le scuole non c’erano ma per un esercito cittadino sì. Sarà attraverso le scuole, la cultura e la possibilità di accedervi che questa situazione cambierà, ed è per questo che bisogna lottare».

Non è una lotta solo afro americana sottolinea Sekou «La lotta comprende le madri single, i queer, è una lotta di discriminati, questo non vuol dire che non ci sia più omofobia o sessismo tra gli afro americani, ma prevale la solidarietà. E verso i bianchi si sa che esiste un privilegio bianco, ma non è l’essere bianco una colpa, la colpa e non opporsi al fatto che esserlo sia un privilegio».