È bastato un singhiozzo dell’occupazione a tempo indeterminato a febbraio a spingere i redivivi Poletti e Boschi, ministro del lavoro e sottosegretaria alla presidenza del consiglio uscenti, a rianimare la commedia delle cifre sull’occupazione private del contesto socio-economico in cui maturano le rilevazioni Istat.

IL MONDO ANTICO del renzismo – quello che scagliava dati a caso, di preferenza con il segno «più», contro i «gufi» – ieri ha riemesso un segnale quando ha visto che in un mese – tra gennaio e febbraio – la disoccupazione è tornata a scendere, fermandosi al 10,9% e, dopo dieci cali di fila, il numero dei posti fissi è ripreso a salire: +54mila occupati a tempo indeterminato. Su base annua siamo a +109mila. In trenta giorni è aumentata l’occupazione femminile (+20mila), quella maschile é diminuita di mille occupati). Su base annua, rispettivamente, +98 mila donne occupate e +11mila uomini. Ecco la conclusione: «Lasciamo la guida del Paese in condizioni decisamente migliori di quelle che abbiamo trovato» (Boschi). «L’Italia sta proseguendo il percorso di stabilizzazione» (Poletti).

E, COSÌ, PER UN ISTANTE, il 4 marzo è sembrato un lontano ricordo. Tutto inutile: la crescita non si traduce in incremento degli occupati stabili, ma di quelli precari. Scendiamo allora dall’ottovolante delle cifre mensili e seguiamo la prospettiva annuale per avere una fotografia più stabile del mercato del lavoro. Sull’anno l’aumento dell’occupazione a tempo determinato e a termine resta di +363mila.

NEL PRIMO TRIMESTRE 2018 l’aumento dei precari è stato di 55 mila unità, mentre calano i permanenti di 33 mila. Questa è una stabilizzazione? Non sembra. Non si sa se l’aumento dell’occupazione fissa a febbraio è un’inversione di tendenza in un oceano di lavori a termine.

NON È UN BUON SEGNALE che, sempre a febbraio, il tasso di occupazione sia fermo al 58%, tra i più bassi d’Europa. Questo significa che il segno «più» degli occupati fissi non ha prodotto «nuova» occupazione, ma potrebbe essere il risultato della stabilizzazione del vecchio precariato, e non si sa ancora se «part-time» o «full-time». Saranno probabilmente occupati con il «contratto a tutele crescenti» dove, com’è noto, cresce la libertà di licenziare senza articolo 18.

VEDIAMO IL LATO OSCURO dei dati Istat di febbraio: cala la disoccupazione (-0,2%) ma aumenta l’inattività (+0,1%, +2mila sull’anno). Questo significa che cresce il numero dei disoccupati che non cercano più lavoro. E poi c’è il dato sull’aumento della disoccupazione giovanile (risale al 32,8%). In Europa fanno peggio solo Grecia e Spagna. E crescono i disoccupati over 50 (+4,9% sul mese). In generale si conferma la struttura del mercato del lavoro: lavorano più gli over 50 (+0,8% a febbraio), crollano gli «indipendenti» (in un anno – 255 mila).

L’OCCUPAZIONE è «spesso precaria» perché il numero dei dipendenti a termine sfiora i tre milioni e registra un nuovo record, sottolinea Tania Scacchetti (Cgil). «Tanti, troppi disoccupati soprattutto giovani uomini e giovani donne» sostiene Furlan (Cisl). È un «andamento contraddittorio» riconosce Carmelo Barbagallo (Uil).