Domani Fim, Fiom e Uilm saranno in presidio sotto il ministero dello Sviluppo per denunciare l’emergenza ammortizzatori sociali. Il terzo compleanno del decreto legislativo del Jobs act in materia sta già producendo licenziamenti e mette a rischio 140mila lavoratori che hanno finito le coperture, portando le aziende a licenziarli.

La segretaria generale dalla Fiom Francesca Re David

Francesca Re David, cosa chiedete protestando sotto il Mise?
È un passaggio molto importante per noi. Abbiamo già notizia dei primi licenziamenti perché le aziende non possono più rinnovare gli ammortizzatori sociali. Su questo argomento il già vergognoso Jobs act è stata pura follia: in piena crisi, con il 25 per cento di manifattura persa, ha deciso un taglio secco a cassa integrazione e contratti di solidarietà. Oggi molte aziende non sono ancora uscite dalla crisi o sono in piena ristrutturazione: loro, come noi, avrebbero bisogno di strumenti per tenere dentro e non licenziare i lavoratori e di spazi di contrattazione per rilanciarsi.

Il ministro Di Maio ha annunciato il ritorno della cassa integrazione per cessazione. La gran parte dei 140mila lavoratori a rischio però non sarebbe salva con questo provvedimento.
È così. E per questo vanno distinti il piano dell’emergenza e quello più generale. Il ritorno della cassa integrazione per cessazione è figlio della lotta dei lavoratori della Bekaert. Una splendida pagina di mobilitazione che ha portato il ministro Di Maio ad annunciare il ritorno della Cigs per cessazione non solo per loro ma per altre aziende delocalizzate come la Honeywell di Chieti, dove però i licenziamenti sono già arrivati nonostante ci fossero proposte di reindustrializzazione.

Cosa vi aspettate dal testo del decreto Urgenze? Per la Bekaert c’è la scadenza del 4 ottobre data in cui scade la procedura di licenziamento ancora aperta.
Ci aspettiamo che arrivi in fretta e valuteremo il testo. I dodici mesi di cassa integrazione straordinaria ci darebbero modo di riaprire la trattativa Bekaert e tante altre avendo il tempo di valutare le soluzioni che garantiscano la maggior tutela occupazionale. Sappiamo che non essendo parte della manovra economica non potrà avere molte risorse ma chiediamo comunque comprenda anche le aziende in curatela fallimentare.

Per la scadenza degli altri ammortizzatori qual è la vostra proposta?
Finora le emergenze sono state trattate caso per caso, non solo i 144 tavoli di crisi al Mise perché ci sono aziende più piccole sul territorio le cui crisi non arrivano al ministero. Ci aspettiamo strumenti e risorse nella manovra economica per tutelare i lavoratori i cui ammortizzatori scadono in questo periodo. È necessario poi aprire un tavolo di confronto col governo e le confederazioni per riformare in senso universalistico gli ammortizzatori sociali. Non vogliamo tornare al passato ma proponiamo strumenti che puntino sulla riduzione dell’orario come i contratti di solidarietà anche espansivi sorpassando le differenze ora presenti tra piccole e grandi aziende.

Una larga fetta di chi rischia il lavoro viene dal settore automotive a partire dall’indotto e da molti stabilimenti Fca.
Sì, nell’indotto molte aziende hanno finito gli ammortizzatori, mentre siamo molto preoccupati per quello che potrà succedere agli stabilimenti Fca, in particolare quelli che producono motori diesel come Pratola Serra e Cento. Siamo l’unico paese nel quale il governo non si occupa delle scelte industriali e del futuro dell’auto. E cioé del settore che, nonostante Fca non sia più italiana, è ancora il più importante a livello occupazionale e di traino a tutta la innovazione, basti pensare alla rivoluzione elettrica e ibrida, per non parlare del Trasporto pubblico locale dove Industria Italiana Autobus (ex Irisbus e Bredamenarini) è ancora appesa alla promessa di ingresso di Fs. Per questo rinnoviamo la richiesta al governo di convocare Fca e noi per discutere il piano industriale che è ancora sconosciuto rispetto ai nuovi modelli e a dove produrli.

È qui veniamo ai vostri rapporti con il governo. Avete lodato Di Maio per la risoluzione della vertenza Ilva ma da quel giorno in poi sembra parlare solo di favori alle imprese.
Noi Di Maio lo abbiamo lodato per la trattativa Ilva perché non si è sostituito ai sindacati come Calenda ma ha fatto il suo mestiere di ministro sbloccandola facendo pressioni su Mittal per azzerare gli esuberi. Noi non abbiamo governi o ministri amici, la Fiom è da sempre abituata a valutare i comportamenti in totale autonomia. Se non ci convoca su Fca o non ci ascolta sugli ammortizzatori è chiaro che lo criticheremo. Per il resto finché non vedremo il testo del decreto non possiamo dare un giudizio.