Con l’arrivo dei suv neri dell’Fbi nella piazzuola di Mar-A-Lago, sull’orizzonte politico americano si sono addensate le nubi di una tempesta politica annunciata, che molti hanno ritenuto inevitabile sin dal giorno in cui Donald Trump ha sloggiato controvoglia dalla Casa bianca.

Nessuno si era illuso peraltro che la partita per la democrazia americana si fosse chiusa con l’insediamento di Joe Biden. Troppo profondo il trauma provocato dal tentativo eversivo dell’ex presidente di impedire la successione democratica prima con la falsa narrazione delle elezioni rubate e, in extremis, con l’assalto scagliato al parlamento. Gli eventi di ieri proseguono quindi la parabola incompiuta del presidente più distruttivo della storia americana.

IL “RAID” – in realtà una perquisizione su regolare mandato – sarebbe relativo ai documenti che Trump ha indebitamente traslocato dalla Casa bianca alla sue residenza personale invece di trasmetterli agi archivi nazionali come imposto dalla legge. La questione è da oltre due anni oggetto di una “trattativa” fra il ministero di giustizia e l’ex presidente.

Dietro richiesta delle autorità alcuni documenti (15 casse) sono stati restituiti a malavoglia a gennaio, altri apparentemente no. Difficile sapere cosa sappia l’Fbi o cosa possa avere appreso da una potenziale talpa. Abbastanza però, apparentemente, per intraprendere il sequestro di documenti che non ha precedenti nella storia presidenziale americana. Il silenzio degli inquirenti per ora ha l’unico effetto di ingigantire le supposizioni.

UNICO DATO vero incontrovertibile è il terremoto politico. Le vicende giudiziarie sono state cifra costante di una presidenza, quella di Trump, che ha costantemente testato i limiti costituzionali e profondamente destabilizzato la tenuta istituzionale del paese. Le molteplici indagini di cui è stato oggetto hanno rivelato responsabilità sufficienti a procedere contro numerosi collaboratori ed associati in successivi centri concentrici attorno al presidente.

Ma neanche il suo aperto incitamento ad assalire violentemente il Congresso è bastato a finalizzare imputazioni contro di lui perché lo scontro in definitiva è politico non meramente giudiziario. Lo scudo che protegge l’ex presidente – affarista ha la doppia componete del compatto ostruzionismo repubblicano e della implicita minaccia di violenza.

Primo a cooptare l’”oltraggio” della perquisizione nella narrazione della persecuzione politica è stato proprio Trump che ha gridato alla solita caccia alle streghe col vittimismo che da sempre caratterizza la sua retorica. Le legioni di fedelissimi Maga si sono strette attorno al proprio beniamino. Le emittenti della destra hanno interrotto le trasmissioni con bollettini trafelati sul “raid”.

Glissando sul fatto che il continuato possesso di documenti riservati costituisce chiaramente un reato, i commentatori conservatori hanno contrattaccato con indignazione per la lesa maestà del capo e una dose industriale di benaltrismo. Su Fox news Don Jr., primogenito dell’ex presidente, ha dato la linea ufficiale con una litania di rimostranze sulla «impunità» di Hunter Biden e Hillary Clinton regolari bestie nere della cosmologia trumpiana. (In realtà sia l’ex avversaria politica che il figlio di Joe Biden sono stati a lungo indagati senza esito).

SUI CANALI PIÙ ESTREMISTI intanto suona ininterrotta l’adunata, che vista la bellicosità – e gli effettivi armamenti dello zoccolo duro – è immagine solo in parte metaforica, si parla in fondo delle stesse frange di area miliziana protagoniste dell’assalto del 6 gennaio. Sulle emittenti Oann e Newsmax e sui siti Breitbart e New York Post sono fioccate le minacce esplicite di guerra civile, fantasie mai lungi dall’immaginario, specialmente sui social più apocalittici, frequentatati da formazioni come Proud Boys e Oath Keepers.

Il sito complottista Info Wars gridava direttamente alla «Caduta della Repubblica» annunciando una diretta fiume con Steve Bannon e Roger Stone. Dagli scranni del Congresso gli hanno fatto eco non solo i rappresentanti di area QAnon come Lauren Boebert e Marjorie Taylor Greene, ma perfino lo speaker di minoranza Kevin McCarthy giunto a preannunciare torvamente prossime interrogazioni del ministro di giustizia Merrick Garland, non appena i repubblicani avranno riconquistato la Camera.

LA FURIA CONSERVATRICE è stata subito incanalata nella campagna elettorale. Poche ore dopo la perquisizione Trump ha diffuso quello che è sostanzialmente il primo spot della campagna per il suo ritorno al potere che apre proprio con le immagini del “raid”.

«Gli americani – intona solenne la voce di Trump – si inginocchiano solo davanti a dio». Il video ha dimostrato la concreta possibilità che gli ultimi sviluppi possano paradossalmente favorire Trump, riportando il discorso sul terreno della presunta persecuzione e offuscando i recenti successi legislativi di Biden. Si preannuncia una stagione elettorale ancora più arroventata.