Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, Confindustria ha ottenuto poco dalle pressioni per riaprire, ma insiste, soprattutto dalla Lombardia. Come rispondete?
Quando le fabbriche potranno riaprire dovrà essere il governo a dirlo in un rapporto con la comunità scientifica. Perché se per fermare il virus bisogna limitare al massimo gli spostamenti, ogni forzatura ritarderà l’uscita del paese dall’emergenza sanitaria, determinerà l’aggravarsi della crisi sociale e l’impoverimento delle persone e avrà effetti assolutamente negativi di lunga durata anche sull’assetto produttivo del Paese. Le forzature non hanno una visione del sistema nel suo complesso e della profondità del problema, oltre a non fare neanche bene alla ripresa economica.

La segretaria generale della Fiom Francesca Re David

Nella gara fra il lombardo Bonomi emblema del blocco sociale lombardo – sostenuto da quel Bonometti che rivendica il no alla zona Rossa nel bergamasco e sostiene che la pandemia l’hanno portata ‘gli allevamenti di animali’ – e l’attuale vicepresidente Licia Mattioli ci sono differenze per il futuro del dialogo sociale?
Riteniamo che non sia opportuno intrometterci in alcun modo nelle scelte della direzione di un’altra organizzazione di rappresentanza. Ognuno sceglie da sé e secondo i propri percorsi l’assetto del proprio gruppo dirigente.

Voi invece come Fiom avete firmato il primo accordo unitario in Fca a dieci anni dallo strappo di Pomigliano. Si apre una fase nuova?
L’elemento fondamentale dell’accordo è che si riconosce alla comunità scientifica e al governo la decisione sulla riapertura delle fabbriche escludendo ogni forzatura da questo punto di vista. La sottoscrizione della Fiom insieme agli altri sindacati firmatari del Ccsl (il contratto specifico aziendale di Fca, ndr) mostra sia il riconoscimento reciproco anche nel permanere delle diverse valutazioni sul contratto specifico, sia il fatto che in una fase così delicata è necessario uno sforzo comune per mettere in campo le migliori condizioni di sicurezza senza elementi di unilateralità.

Pietro Gorlier

Pietro Gorlier, il responsabile Emea con cui avete sottoscritto l’accordo, pare avere portato un clima nuovo in Fca. In cosa è diverso da Marchionne?
Marchionne ha rappresentato la fase di conflitto più aspro tra l’azienda e la Fiom che ha portato Fca ad uscire da Confindustria e dal contratto nazionale. L’attuale direzione si colloca dieci anni dopo in una fase di ulteriore evoluzione di Fca verso la fusione con Psa. La Fiom continua a non condividere il Ccsl ma la presenza costante dei delegati negli stabilimenti e la rappresentanza che si è mantenuta in questi anni hanno prodotto ai diversi livelli una capacità confronto utile e necessaria a difendere gli interessi dei lavoratori.

L’accordo Fca con la consulenza di un virologo – l’onnipresente Burioni – puó essere un modello per la Fase 2 di ripartenza?
Le linee guida definite dall’accordo sono molto importanti in quanto ridisegnano la fabbrica ai tempi del Covid-19 immaginando un periodo lungo in cui bisognerà lavorare in modo diverso e riconoscendo nel rapporto tra delegati, Rls (rappresentati dei lavoratori per la sicurezza, ndr) e rappresentanti dell’azienda nei siti produttivi uno snodo fondamentale per la messa in pratica e l’implementazione delle nuove modalità di lavoro. Naturalmente le linee guida saranno applicate nel momento in cui il governo deciderà per la riapertura.

[do action=”citazione”]Con Fca riconoscimento reciproco: l’accordo non decide quando ripartire ma che lo si farà con il consenso dei lavoratori. Il governo doveva bloccare la produzione degli F35[/do]

Continuate a denunciare le deroghe alle aziende concesse dai Prefetti, c’è un modo per renderle più complesse?
Le migliaia di comunicazioni delle aziende ai Prefetti sono la dimostrazione concreta di come non ci sia la consapevolezza della complessità dei problemi che si stanno affrontando. Il mondo delle fabbriche non è in una dimensione parallela a quella in cui si vive.

Gli aerei cacciabombardieri F35 continuano a essere prodotti: si riuscirà mai a bloccare la produzione a Cameri? Lo sciopero lì è un’utopia?
A nostro avviso è stato un errore del governo non fermare la produzione delle armi consentendo invece solo l’attività civile per quanto riguarda l’aerospazio. In ogni caso a Cameri la produzione è al 30% e non c’è l’obbligo di andare al lavoro.