L’undicesima edizione di Corto dorico ad Ancona potrebbe avere come simbolo il Partenone, non solo perché dorico pure lui, come il festival e la città, ma perché a quel tempio è dedicata l’istallazione sinestetica che unisce musica da cinema e scultura e che è stata realizzata all’interno del festival del cinema breve in collaborazione col Museo Tattile Omero.
Un festival delle arti visive che ha tra i suoi sostenitori un museo pensato soprattutto (ma non solo) per i non vedenti: già questo la dice lunga sulla non convenzionalità di una rassegna che, nata nel 2003 da un manipolo di volontari, oggi è appuntamento ambito per cineasti internazionali che, spesso già mietuti successi presso competizioni più altisonanti, non perdono l’occasione di farsi vedere anche alla rassegna gioiello del capoluogo marchigiano. Nel 2014 il festival anconetano del cinema del piccolo formato si è svolto sostanzialmente dentro l’acqua, perché ospitato dalla misteriosa Mole Vanvitelliana (dove già precipitò la Calamita Cosmica di Gino De Dominicis e una delle prime retrospettive dedicate a Andrea Pazienza dopo la sua morte) protesa sul mare e appunto sede del Museo Tattile Statale Omero che ha tra i meriti in curriculum anche quello di una grande antologica dedicata allo scultore ValerianoTrubbiani.

Il festival del cinema ha avuto quest’anno come nume tutelare il regista Daniele Ciprì; e dicendo Ciprì, è normale, tutti pensano in prima battuta sì a Maresco ma poi – i più avveduti – anche a Pino Donaggio, artista dalla vocazione e carriera una e trina: violinista talentuoso, cantante sanremese di successo e infine esclusivamente compositore per il cinema di De Palma, Argento, Ferrara, Cavani e Ciprì, appunto. L’ultimo sodalizio artistico tra il regista palermitano e Donaggio è stato col film La Buca, proiettato e raccontato a Corto Dorico 2014.«Un film in vinile» ha spiegato Daniele Ciprì le cui musiche sono state composte da Donaggio (e eseguite da Stefano Bollani) a New York, non lontano dal Gershwin Theatre. Ed echi newyorkesi hanno risuonato questi giorni ad Ancona grazie anche al collegamento in diretta dalla Grande Mela con il regista statunitense Joshua Oppenheimer, nuovo astro del cinema del reale, che ha discusso col pubblico del suo film documentario sull’eccidio indonesiano(Gran Premio della Giuria a Venezia 2014 proiettato, per ragioni di mercato, in Italia prima che negli Stati uniti): The Look of Silence; lo sguardo del silenzio, a ben vedere un’altra sinestesia, come quelle create nell’allestimento dorico alla Mole Vanvitellana a partire dal gruppo scultoreo «Dirà l’argilla» che ha unito, per tutta la durata del festival, le statue create da Paolo Annibali alle musiche di Pino Donaggio.

Le figure modellate da Annibali richiamano quelle dell’apparato decorativo di un Partenone laico, svuotato di trascendenza ma, a dispetto della stessa volontà dell’artista, non di significato, specie se indagato, come qui si è potuto fare, multisensorialmente. Le opere sono sculture frontonali, metope, acroteri in forme di donne molto terrene eppure lievi, disposte in scene che sembrano quelle di piccoli presepi di terra modellata in mezzo al mare Adriatico (suggestiva la presentazione di Erri De Luca al catalogo dove richiama la terra, l’acqua e il fuoco e le ritrova sulla cometa dove dorme Philae, il lander della sonda Rosetta). Le statue, come tutte quelle del Museo Omero, non solo si possono ma si devono toccare. Nell’allestimento creato per Corto Dorico poi si devono anche ascoltare perché a ciascuna di esse la curatrice (la pianista Annalisa Pavoni) ha abbinato uno scampolo di colonna sonora di Donaggio, a disposizione in un Mp3 accanto alle statue.

Sono indizi sonori impressionanti e tagliati alla perfezione sulle maschere solo apparentemente nude di Annibali: vengono da Vestito per Uccidere, La Buca, Passion, Carrie sguardo di Satana. Un po’ inquietano ma l’effetto è incredibilmente naturale: viene da muovere le mani sull’argilla a tempo di musica, come se le statue fossero tastiere, e anche da pensare che nella fruizione dell’arte, e della vita magari, ci vorrebbe sempre la colonna sonora: farebbe tutto un’altro effetto.

Al tema della vista e della sua mancanza è stata dedicata anche una masterclass a cura di Daniele Ciprì svoltasi durante il festival e che ha portato alla realizzazione di un audiovisivo che prende le mosse dalle esposizioni del Museo Omero e che sarà presto su web. Intanto il festival dei corti (quasi collaterale alla consistente programmazione dei suoi eventi collaterali) si è chiuso con due pluripremiati La valigia di Pier Paolo Paganelli e Isacco di Federico Tocchella; per entrambi, animazione, claymation e stop motion (materiale plastico che si modella, davvero cifra di questo Corto Dorico) e al centro l’uomo: bambino in Isacco, lavoro sul sacrificio- fuori e dentro metafora- dei bambini, e bambino e poi anziano, quasi in uno spietato laps time a corrente alternata, nella Valigia. Premiati anche Officium di Giuseppe Carleo, curioso trittico femminile (klimntiane e transgender tre età della donna) e Hassan in wonderland: anche qui il cuore sono i giochi dei bambini esposti al sacrificio e ancora vi risuona l’invito – mai troppo ripetuto – a mettere aquiloni nei nostri cannoni.