Te piace ‘o presepe? Alla fatidica domanda/tormentone di papà Cupiello all’ingrato figlio, il pubblico di Rai1 ha risposto martedì sera entusiasticamente di sì, stando almeno ai dati Auditel, oggi influenzati anche pesantemente dal lockdown. Resta il fatto che per un lavoro teatrale, per quanto girato da Edoardo De Angelis (autore delle bellissime Indivisibili) con tecnica cinematografica, quel 23 % di share ( praticamente un quarto dei telespettatori) è un indiscutibile vertice di successo. Resta meno chiaro l’elemento primo di questo risultato.

C’È INNANZITUTTO Eduardo, la sua scrittura, il suo teatro e la propria «teatralità», sviluppata in famiglia fin dai cromosomi del padre Eduardo Scarpetta. E c’è la funzione «civile» che Eduardo e il suo teatro hanno assolto fin dalla nascita dell’Italia repubblicana, dando lo specchio più attendibile dei cambiamenti culturali e sociali che il paese affrontava. Una funzione sviluppata senza proclami né comizi (a parte qualche storica presa di posizione), ma semplicemente mostrando e dando spessore ai cambiamenti, e alle contraddizioni, che quella umanità andava maturando. Una scrittura magistrale nel far emergere caratteri e problemi, ma senza mai schierarsi apoditticamente con uno o l’altro dei suoi personaggi. Tutti pieni di sentimenti contrastanti, ma pure tutti necessari a dar vita all’individuazione del nuovo che nasceva dall’antico. Le creature eduardiane sono spesso così, svagate e quasi irrisolte all’apparenza, perfino davanti ai dolori più crudeli, ma il loro non-detto parla più di ogni esplicita ideologia.
Nello spettacolo dell’altra sera (teatro filmato, tutto in un interno, un vero appartamento della zona Tribunali a Napoli, unico esterno la neve che scende implacabile ogni volta la macchina da presa si avvicini all’ingresso di casa) tutto sembra più vicino alla sensibilità di oggi. Che è da una parte un bene ovviamente, se non fosse che la «nevrosi» ci suona ormai come una sorta di riflesso condizionato, scattoso e scontato, che imitando la povertà (di spirito) ne svela subito la banalità. Vale per l’interpretazione puntuta e nevrotica di Sergio Castellitto, come anche per le sigarette nervose della figlia (Pina Turco) quando si scopre il suo tradimento coniugale, solo per fare qualche esempio. Forse siamo tutti viziati dalla magia del teatro eduardiano resa dal suo autore che la Rai in questi mesi ci ha fatto di nuovo ammirare. Ma anche in questo Natale a casa Cupiello, chi supera magicamente la prova, nel personaggio della moglie/madre, è soprattutto Marina Confalone, che nel pensoso vagare in cui è assorta ci dà la magia del miglior teatro (non solo quello eduardiano).

È CURIOSO che proprio in questo periodo di teatri chiusi, la Rai proponga tanto teatro, ma senza risolversi a trovare una strada che sia davvero promozionale per il teatro e la sua natura. Basti pensare a cosa è stata la serata di inaugurazione virtuale della Scala, affogata in un roboante luna park tecnoillusionistico, abbastanza illusorio anche nelle «spiegazioni».
E composito, forse troppo, si presenta anche quel Ricomincio da Raitre che pure al teatro vorrebbe fare promozione e pubblicità, ma dove i teatranti di spessore sono circondati («allagati» anche loro) tra piccoli show di pretto stampo televisivo. Resta la consolazione che nel teatro Costanzi (tutto, e vuoto) Mario Martone abbia costruito e trasmesso un Barbiere di Siviglia davvero godibile e memorabile. Non è solo questione di gusti: con la minaccia di una «Netflix del teatro» minacciata dall’improvvido ministro Franceschini, sarà il caso di di capire quale gusto avrà la meglio.