Dalle piazze al salotto di casa. Cellulare alla mano e portatile acceso per compulsare i risultati. Sarà così, uguale a quelli di tantissimi altri, la notte elettorale dei quattro fondatori del movimento delle sardine, nato a Bologna il 15 novembre scorso e poi diventato un’onda che si è espansa in tutta Italia. Mattia Santori, Andrea Garreffa, Giulia Trappoloni e Roberto Morotti staranno assieme a casa ad incrociare le dita. «Questa notte elettorale sarà più bella del solito perché questa volta ce la godiamo in prima persona, ma per questo sarà anche molto più sofferta», ha spiegato ieri la sardina «numero uno» Santori, volto mediatico del movimento. Per poi lanciarsi in mare assieme agli altri tre compagni. Un invito per tutti gli emiliani, i romagnoli e i calabresi: «Chi non vota resta spiaggiato. Spiaggia libera tutti». Come dire che per nuotare in mare aperto bisogna prima tuffarcisi, e votare.

Ieri le sardine, per la prima volta dopo due mesi e mezzo in Emilia-Romagna, non si sono fatte vedere. Incassato il ‘no’ all’annunciata manifestazione al Papeete, il bagno più amato dai sovranisti d’Italia (sarebbe stata propaganda elettorale indiretta, ha spiegato la questura), le sardine hanno ripiegato su una mangiata al ristorante a Milano Marittima. Nulla di davvero pubblico però, perché si sarebbe trattato di violazione del silenzio elettorale. «Non esulteremo se si vincerà, non ci stracceremo i capelli se si perderà. Sappiamo tutti per chi tifiamo, come speriamo che vada finire, perché amiamo la nostra terra e speriamo che i nostri concittadini sappiano valutare le notizie vere da quelle false, un modo di fare politica rispetto a un altro. Il nostro lo abbiamo fatto», ha aggiunto Santori.

E quello che hanno fatto le sardine è stato tanto, sopratutto in Emilia-Romagna. Una svolta ad una campagna elettorale che aveva già preso il sapore della rassegnazione di fronte alla discesa delle truppe leghiste. Invece, a metà novembre, quando Salvini e Borgonzoni avevano programmato il loro trionfo anticipato con 5 mila persone riunite a Bologna per lanciare la conquista della regione, in Piazza Maggiore se ne contavano almeno 15 mila. Con tante sardine in mano e un gigantesco striscione: «Bologna non si lega». Da lì il movimento ha iniziato subito a correre senza mai più fermarsi, e a dare anche fastidio a qualcuno. Come quel venditore di parmiggiano reggiano di un paesino sull’appennino emiliano che, giovedì sera, si è rifiutato di vendere i suoi prodotti a due sardine in viaggio verso la piazza del movimento a Bibbiano. «Quando ha capito chi eravamo ci ha cacciato in malo modo, insultato e ha tentato anche il contatto fisico dichiarandosi elettorale della Meloni», raccontano. Contattato dal manifesto l’uomo ha detto di aver presente le accuse, ma si è rifiutato di commentare.

Quel che è certo è che le sardine continueranno a nuotare anche dopo il voto di oggi. «Vada come vada, per noi la sfida più difficile è dal 27 gennaio in poi, la famosa fase tre», ha detto ancora Santori annunciando una «fase di transizione» che porterà alla due giorni prevista a Scampia il prossimo 14 e 15 marzo. Quello di Napoli sarà un punto di svolta per il movimento ittico, che dovrà capire come continuare anche in assenza di incombenti appuntamenti elettorali.

Nel frattempo però le sardine di tutta Italia porteranno avanti i loro progetti. In Sicilia il movimento ha appena terminato un lungo viaggio che ha attraversato tutta l’isola, da Messina a Palermo. E alle 18 di ieri in ogni provincia ci sono state manifestazioni per lanciare un messaggio chiaro, che parla di comunità, condivisione e, ovviamente, di impegno civico e politico.