La missione del team della procura di Roma, arrivato martedì a Cambridge, è entrata nel vivo ieri. Prima l’audizione da parte del pm Colaiocco della tutor di Giulio Regeni, Maha Abdelrahman, poi in mattinata la perquisizione del suo ufficio e della sua casa con la conseguente acquisizione di documenti, computer, telefono, chiavetta usb, hard disk.

Una svolta inattesa: la professoressa, considerata persona informata dei fatti e non indagata, è stata sentita dopo un anno e mezzo di tentativi della procura. Dopo un primo incontro ai funerali di Giulio a Fiumicello, la tutor – egiziana, oppositrice del regime – si era fatta costantemente negare, rifiutando di incontrare gli investigatori italiani.

Un rifiuto che in Italia ha sollevato un vespaio, con commentatori e membri del governo che ne hanno approfittato per spostare l’attenzione dal Cairo a Londra e per accusare la professoressa di simpatie per i Fratelli Musulmani, come si volesse presumere l’esistenza di un non meglio specificato «complotto».

Ma il giovane ricercatore non è morto in un ateneo inglese, è morto nella capitale egiziana per mano «di professionisti della tortura». Di certo la mancata collaborazione di Cambridge – utile a chiarire le modalità della ricerca, i contatti che Giulio aveva stretto al Cairo, le informazioni trovate e non ad accusare docente o istituzione in sé– non hanno facilitato il lavoro della procura, già ampiamente ostacolata dai depistaggi e le illogiche «teorie» investigative del regime di al-Sisi.

Alla fine le rogatorie italiane hanno portato ieri all’audizione di Abdelrahman che, scrive in una nota la procura, ha risposto a tutte le domande e confermato quanto detto in precedenza: Giulio scelse liberamente l’argomento della ricerca, ha detto, smentendo le voci di una sua imposizione circolate su giornali italiani a novembre.

Dovrebbero seguire ora audizioni degli studenti che hanno preceduto Regeni in Egitto per identici motivi. Gli studenti sono stati già individuati dalla polizia locale: in passato avevano svolto ricerche simili, incentrate sul ruolo dei sindacati indipendenti nati dopo la rivoluzione di piazza Tahrir del 2011, tema particolarmente caro alla tutor.

Tra loro, in particolare, Colaiocco intende sentire una studentessa espulsa dall’Egitto, dove stava svolgendo lo stesso lavoro di Regeni.

Ma ad accendere l’attenzione è sicuramente la perquisizione nell’abitazione e l’ufficio di Abdelrahman che in una nota la procura di Roma specifica essere stata realizzata da Ros e Sco, in collaborazione con le autorità britanniche: «I supporti informatici e i materiali acquisiti saranno utili a fare definitiva chiarezza, in modo unico e oggettivo, sul ruolo della professoressa nei fatti di indagine».

Parole che aprono a scenari nuovi, in grado forse di far luce sui risultati che Giulio aveva ottenuto fino al 25 gennaio 2016 dalla sua ricerca sul campo (e di cui – aveva raccontato alla sua famiglia – aveva fatto partecipe la tutor in un incontro al Cairo, avvenuto poco prima della sua sparizione): un filo d’Arianna che potrebbe condurre ai responsabili materiali della barbara uccisione del giovane.