Il centro storico di Caldarola è ordinatamente puntellato e completamente abbandonato dalla sera del 30 ottobre 2016, quando l’ultima e più devastante scossa di una sequenza inaugurata due mesi prima lo ridusse a una meravigliosa ghost town. I negozi sul corso e della piazza li ritrovi tutti in una sorta di area commerciale fatta di container nella zona industriale, dove ci sono pure una provvisoria caserma dei carabinieri e un sostituto in plexiglass del Municipio. Le casette di legno per gli sfollati, intonacate con colori vivaci, sono da un’altra parte e per fare la spesa bisogna prendere l’auto. La titolare dell’unico generi alimentari lamenta che i clienti sono ormai rari e rimpiange il tempo non lontano in cui il paese era vivo e perfino affollato di turisti.

La ricostruzione, da queste parti, si è fermata ai tiranti d’acciaio che imbrigliano i palazzi d’epoca, mentre le villette che circondano l’abitato rimangono deserte e con i giardini curati, come se tutti dovessero poter rientrare da un momento all’altro. Qui tutto è immobile e quello che si muove non porta il segno dello Stato. Lo conferma il sindaco Luca Giuseppetti mentre inaugura il nuovissimo edificio scolastico comprensivo di materne, elementari e medie appena ristrutturato con due milioni e 700 mila euro raccolti dalle Coop e un finanziamento di Assofond, la federazione nazionale delle fonderie: «La vecchia scuola è stata rifatta con i soldi dei consumatori, la nuova chiesa sarà costruita dalla Caritas e il Municipio sarà risistemato dalla Regione Emilia-Romagna», che aveva già inviato la Protezione civile dopo il sisma. Il nuovo Commissario alla ricostruzione, il geologo Piero Farabollini, nominato a ottobre dal ministro dello Sviluppo Economico Luigi di Maio («è un professore, non un professorone», così lo aveva presentato su Facebook) non si è fatto vedere, lasciando la passerella al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, in pre-campagna elettorale per l’appannata Forza Italia, e alla benedizione del vescovo Francesco Massara. C’era invece la precedente commissaria, la piddina Paola de Micheli, che ha rivendicato la scelta di «investire sulla scuola».

In realtà, la ricostruzione dell’istituto Simone de Magistris sul viale Umberto, vecchio di cento anni e inagibile dal giorno del terremoto, non è stata finanziata con l’intervento pubblico. Nell’autunno 2016 tredici Coop hanno lanciato una campagna per ricostruirlo. In un anno hanno raccolto due milioni e 750 mila euro, attraverso donazioni libere, la devoluzione da parte dei consumatori dei punti accumulati sulle tessere per fare la spesa e del 10 per cento del ricavato di una settimana da parte dei supermercati. A fare da committente ci ha pensato la Legacoop, coinvolta dal primo Commissario, l’ex presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani (ex Pd, ora Leu), che ha affidato l’appalto al Consorzio Integra, mentre l’Università Iuav di Venezia ha pensato, a titolo gratuito, alla progettazione dei 1.700 metri quadri dell’istituto. Per ricostruire l’edificio, che ospiterà 250 ragazzini provenienti da cinque comuni dell’entroterra maceratese – oltre a Caldarola, anche Belforte del Chienti, Camporotondo di Fiastrone, Cessapalombo e Serrapetrona – hanno impiegato appena un anno, quasi un record, considerate le lungaggini burocratiche italiane e gli intoppi sempre dietro l’angolo.

«Di certi posti e di certa umanità ti accorgi solo quando vanno in pezzi. L’Italia sconosciuta fa notizia solo quando muore e può mettere in moto la macchina della solidarietà», scrive Angelo Ferracuti nel suo ultimo libro-reportage, Gli spaesati, un viaggio nelle zone terremotate della sua regione, le Marche, nonché di Umbria e Abruzzo. A Caldarola è andata proprio così. La rinascita è stata possibile solo grazie alla catena di solidarietà che si è attivata immediatamente dopo la scossa del 30 ottobre, l’ultima e più devastante. La scuola provvisoria, elementari e medie, era stata allestita in un ex colorificio nella zona industriale, messo a disposizione dai proprietari per gli sfollati subito dopo il sisma e un mese dopo riconvertito in istituto scolastico. Le materne sono state invece sistemate in un container donato dal comune di Cento, nel ferrarese. Il Consorzio del Parmigiano Reggiano aveva poi regalato un tendone con una cucina da campo, che è stato adibito a mensa.

La nuovissima scuola, con i suoi pannelli fotovoltaici, la palestra e l’auditorium, la biblioteca e i laboratori di grafica e informatica, perfino il tavolo da ping pong, stride con la ricostruzione ferma ai puntelli e le villette abbandonate che la circondano. È il gioiello che fa risaltare ciò che manca, vale a dire quasi tutto. «Quando sono stato eletto, cinque anni fa, non pensavo che di lì a un paio d’anni mi sarei trovato a dover cercare di tenere unita una comunità che rischiava di disgregarsi», dice il sindaco Giuseppetti. Il problema principale, in un Comune dove la gran parte delle abitazioni non erano più agibili, è stato «cercare di riportare qui le centinaia di pendolari trasferiti negli alberghi della costa», spiega.. L’esodo forzato rischiava di trasformarsi in uno spopolamento repentino e traumatico. Invece, pian piano la comunità ha cominciato a riaggregarsi nelle casette prefabbricate dove incontro la signora Rosangela Carducci, titolare di un biscottificio e di un modulo Sae, come vengono chiamate le «modalità abitative provvisorie» per gli sfollati delle Marche, in tutto un centinaio a Caldarola. «Prima vivevo in una casa di 165 metri quadri, ora in appena 60», dice, ma non se ne lamenta anche se non sa se e quando potrà rientrare nella sua vecchia casa. Pure lei ha brindato alla riapertura della scuola.