I polacchi tornano alle urne per una sfida all’ultimo voto nel secondo turno delle presidenziali. Contro ogni aspettativa, a Bronislaw Komorowski del partito liberale di Piattarma civica (Po), non è bastata la prima votazione per potersi insediare ancora al Palazzo del Belweder. Lo scorso 10 maggio, il presidente in carica aveva infatti ottenuto il 33.7% delle preferenze, un punto percentuale in meno rispetto ad Andrzej Duda, candidato del partito di estrema destra Giustizia e Libertà (PiSfo). La batosta subita alla prima tornata elettorale ha costretto il candidato del Po a tornare bruscamente con i piedi per terra.

Tuttavia, nel confronto televisivo senza poltrone di domenica scorsa sulla rete pubblica TVP, Komorowski ha saputo restare in piedi mostrando maggiore tonicità dell’avversario, nonostante un intervento al ginocchio subìto la settimana scorsa. Komorowski si era addirittura portato all’attacco su temi come la riforma del sistema pensionistico e fecondazione in vitro.

Duda ha citato Giovanni Paolo II per difendere l’ostruzionismo del proprio partito sui finanziamenti pubblici alla procreazione assistita. Il sistema sanitario polacco, insieme a quello dei vicini russi, ucraini, lituani, è ancora uno dei pochi in Europa a non offrire alcuna forma di copertura economica ai cittadini che vogliono ricorrere alla fertilizzazione in vitro. Su temi quali aborto e coppie di fatto, invece, difficile sperare in rivoluzioni da parte del partito dell’ex-premier Donald Tusk, anche in caso di una doppia vittoria del Po dopo le parlamentari del prossimo ottobre.

Sebbene la strage aerea di Smolensk con tutte le sue congetture sia ormai sparita dal dibattito elettorale, le ferite della seconda guerra mondiale restano un leitmotiv plastico che si presta ad ogni forma di strumentalizzazione elettorale. Le ammissioni di colpa da parte di Komorowski sulle responsabilità dei polacchi non-ebrei nel pogrom di Jedwabne hanno offerto il destro al nazionalista Duda per parlare delle menzogne storiche del Po. Una posizione antisemita, in linea con i postulati dei «berretti di mohair» seguaci di Radio Maryja, che rompe con la tradizione del proprio partito dopo gli sforzi dai fratelli Kaczyski di ammorbidire la propria linea almeno nei confronti degli ebrei.

Ma la verità novità a Varsavia è il rocker populista Pawel Kukiz, baluardo dell’anti-partitocrazia che ha ottenuto a sorpresa il 20.77% al primo turno, togliendo così a Komorowski la possibilità di chiudere la partita in anticipo. Sostenitore dell’introduzione dei collegi uninominali al Sejm, la camera bassa del parlamento, Kukiz è all’origine della corrente civica degli zmieleni, dei «frantumati», letteralmente di quelli «ridotti in polvere» dal peso dei partiti tradizionali. Una variante impazzita, costituita soprattutto da giovani compresi tra i 20 e i 40 anni che restano comunque meno indignati rispetto ai loro coetanei nei paesi dell’Europa meridionale: la disoccupazione giovanile in Polonia a doppia cifra, resta comunque due volte inferiore rispetto a quelle di Madrid.

Duda e Komorowski hanno entrambi aperto a Kukiz e al suo elettorato composto soprattutto da ex-sostenitori del Po. Si è aperta così una corsa alle concessioni politiche da parte dei due sfidanti. Duda ha ripetutamente corteggiato Kukiz attraverso i media nazionali. Dal canto suo, il presidente del Po ha promesso che sottoporrà al Senato l’organizzazione di un referendum consultivo sul sistema di finanziamento dei partiti e l’estensione dei collegi uninominali agli altri organi dello stato. Un’eventuale astensione di massa da parte dei frantumati, potrebbe rendere ancora più incerto l’esito alle urne.