I più recenti sondaggi descrivono una situazione caratterizzata da una notevole distanza fra il Fidesz e l’opposizione di centro-sinistra costituita da un’alleanza in cui trovano posto socialisti e liberali. Le ultime inchieste vedono il partito di governo in vantaggio col 47% del consenso popolare, seguito dall’Alleanza democratica a quota 23%. Terzo il partito di estrema destra Jobbik che risulta in crescita col 21% delle preferenze, quarto l’Lmp, soggetto politico di tendenze liberali e ambientaliste al quale viene accreditato un 3% del favore elettorale. Il restante 6% si divide tra una serie di partiti più piccoli che partecipano al voto.

Le prime quattro forze sono quelle presenti nel parlamento, finora egemonizzato dal partito di governo, titolare di una maggioranza di due terzi conseguita grazie alla schiacciante vittoria ottenuta nel 2010 sui socialisti ai minimi storici, all’epoca, in termini di popolarità. Oggi gli analisti prevedono una conferma del Fidesz, ma chissà con quali numeri. Molti di loro ritengono che i sondaggi non siano del tutto affidabili anche perché diverse persone temono di dichiarare apertamente le loro propensioni politiche. Sabato 29 marzo i sostenitori del Fidesz hanno sfilato in corteo nell’ambito di una manifestazione per chiudere la campagna elettorale.

Orbán ha chiesto agli elettori di rinnovare la loro fiducia nei suoi confronti per portare avanti la «lotta per la libertà dell’Ungheria». Questa lotta infatti non è ancora finita e secondo il premier il territorio della patria va difeso da qualsiasi pericolo di invasione. «Gli auspici sono favorevoli – ha aggiunto – ma è dovere di ognuno andare a votare per assicurare una vittoria contro gli avversari sempre pronti a rovinare il paese».

Anche per il leader socialista Attila Mesterházy tutti devono recarsi alle urne perché ogni avente diritto che sta a casa regala un voto a Orbán. Il primo ministro continua quindi a vestire i panni dell’unico uomo politico che sia in grado di difendere gli interessi nazionali, l’unico che, secondo i suoi sostenitori, abbia saputo opporsi con successo ai diktat dell’Ue e del Fmi. Socialisti e alleati hanno risposti ai proclami del Fidesz nel corso della loro manifestazione avvenuta il giorno dopo di quella governativa. E hanno ripetutamente detto ai presenti che Orbán non ha fatto altro che mentire alla gente e imporre al paese un sistema antidemocratico basato sulla censura che caratterizza la legge sulla stampa. L’Alleanza democratica propone un programma che prevede la creazione effettiva di nuovi posti di lavoro, l’aumento del salario minimo, agevolazioni fiscali per le microimprese, l’aumento degli stipendi, la riduzione del prezzo dei generi alimentari di base, la diminuzione effettiva e sostenibile del costo dei consumi che a suo avviso non è avvenuta con l’attuale governo, e la liquidazione della povertà infantile.

Alle elezioni europee del 2009 Jobbik ha ottenuto tre seggi e alle politiche ungheresi dell’anno successivo è divenuto, alla luce dei risultati elettorali, il terzo partito del paese con 47 deputati al parlamento. Oggi risulta cresciuto rispetto a quattro anni fa, soprattutto fuori Budapest e nelle regioni più depresse. Critica il governo per aver deluso gli elettori, per non aver restituito l’Ungheria agli ungheresi, considera i Rom un pericolo per la sicurezza pubblica e vuole l’uscita del paese dall’Unione europea.

L’Lmp ha preferito partecipare da solo alle elezioni e ha deciso di portare avanti la sua battaglia per la difesa dell’ambiente, per una politica sociale con atti concreti a favore delle donne, per la lotta alla corruzione e la moralizzazione del sistema politico ungherese. Si unisce alla critica contro l’accordo nucleare con la Russia e sottolinea la necessità di investire nel settore delle energie pulite e rinnovabili. Preferisce concorrere da solo ma in casa socialista c’è chi dice che ha preso soldi dal Fidesz per non allearsi e indebolire la coalizione di centro-sinistra.

La campagna elettorale è stata caratterizzata da regole poco favorevoli all’opposizione e basata su una legge modificata dalle forze di governo per agevolare il loro cammino verso un nuovo successo. I socialisti e i loro alleati denunciano il fatto di aver avuto poco spazio nelle strade e sui media e di non aver potuto rispondere adeguatamente alle numerose accuse mosse contro di loro dal Fidesz. L’Ungheria è quindi tornata al voto in un clima teso, politicamente e socialmente divisa. Ora non sono più solo il partito di governo e Jobbik a rivendicare la qualità di depositari dei valori patri, alla manifestazione dell’Alleanza democratica Tímea Szabó, leader di Pm (Dialogo per l’Ungheria) ha fatto dichiarazioni caratterizzate da una buona dose di retorica nazionale presente anche in altre componenti della coalizione magari per bilanciare quella del Fidesz. La disputa è su chi è più ungherese.